venerdì 30 novembre 2007

IL COMUNE ADOTTA IL PIANO STRATEGICO PER LA MOBILITA'!!!

Finalmente!!! Era ora che il Comune di Palermo si dotasse di un vero Piano Strategico per la Mobilità Urbana che risponda ai problemi della mobilità urbana in maniera integrata, abbandonando la sporadicità lo scollamento e la provvisorietà dei provvedimenti fin ora attuati in materia.

"Strategico" significa (oltre che strutturato in base ad obbiettivi specifici e strategie d'azione correlate) che individua un partenariato di soggetti (pubblici e privati) che condividono l'obbiettivo generale del piano, ne sostengono l'attuazione avendo ritenuto utile e vantagiosa la realizzazione dello scenario prefigurato.

"Integrato" nel senso che metterà a sistema gli interventi già realizzati, quelli finanziati, quelli che rientrano nei programmi comunali, quelli nuovi, ritenuti necessari dal nuovo piano ad eliminare le criticità attuali, suggeriti anche delle ultime e più efficaci esperienze europee e tenendo conto di tutti gli aspetti "alternativi" della mobilità urbana.

L'opportunità offerta è, a mio avviso, fondamentale per la città, da non sprecare: per l'attenzione ai temi della sostenibilità (ambientale ed economica) della (nuova) mobilità, dell'efficenza, della soliderietà sociale, e, sopratutto, per l'occasione di determinare una svolta positiva all'assetto della città attraverso l'itegrazione tra riqualificazione urbana (degli spazi collettivi e dei luogi storici) e Piano pe la Mobilità (negli aspetti sia "infrastrutturali" che "normativi").

Opportunità che, se sfruttata adeguatamente, potrebbe portare Palermo ai livelli delle città europee con i più alti livelli di qualità della vita.

Ho solo dato una lettura veloce e incopleta al Piano e mi ripropongo di leggerlo tutto, con attenzione, in maniera da aprire un successivo post dedicato alla analisi e alla critica del Piano.
Attualmente, infatti, la mia capacità di critica potrebbe risultare inficiata dall'iniziale, inevitabile, entusiasmo che prende chiunque si trovi davanti ad una novità.

Ma già ora non viene difficile affermare che la corretta implementazione di un tale programma e il conseguimento dei risultati sperati neccessitano di: una attiva collaborazione da parte dei cittadini; alte capacità di gestione e controllo da parte dell'amministrazione. Riguardo invece l'effettiva attuabilità di certe azioni...ritengo che queste si scontrino con ostacoli di tipo fisico-strutturale e in, alcuni casi, culturali (ostacoli duri dunque). Attendiamo fiduciosi.

Numero chiuso, i Tar respingono le sospensive

Ieri si è svolta l'udienza del maxi ricorso dell'Udu col quale si chiedeva l'annullamento del test di medicina e odontoiatria. A quanto pare il Collegio ha concesso un rinvio per consentire ai ricorrenti di fornire delle controdeduzioni alle osservazioni del Ministero. La prossima udienza è fissata per il 20 dicembre.

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Aggiornamento delle ore 23:45

Il ricorso dell'Udu - come già detto - è stato rinviato. Così non è stato, invece, per quello di altri ricorrenti. Chi non ha chiesto un rinvio si è visto rispondere con un'ordinanza che ha negato la sospensiva. Per tutti è stato emesso un provvedimento-fotofopia nel quale si legge che "allo stato appare prevalente l’interesse pubblico alla prosecuzione dei corsi universitari da parte degli studenti risultati ammessi" e che quindi è opportuno "riservare alla sede di merito il compiuto esame delle delicate e complesse questioni poste con il ricorso".

Mi sorprende il fatto che il giudice - a differenza del solito - non si sia minimamente sbilanciato sulla fondatezza o meno del ricorso. Per intenderci, generalmente la formula che i giudici usano per respingere una sospensiva è diversa. Di solito motivano il diniego dicendo che non vi è pregiudizio per il ricorrente. Oppure che il ricorso non appare supportato da adeguate motivazioni giuridiche (cioè che manca il "fumus boni iuiris"). O magari, quando vogliono strapazzare un avvocato, dicono che mancano entrambi.

Questa volta il Tribunale ha fatto un ragionamento diverso. Ha messo sullo stesso piano il diritto di chi è stato ammesso e di quelli che sono rimasti esclusi. E ha detto che l'interesse prevalente è quello di proseguire. Insomma: il futuro dei ricorrenti si deciderà dopo, con calma, tra qualche mese.

Mi sono chiesto se questa decisione debba essere interpretata come una maggiore propensione del Collegio a un annullamento dei test o al mantenimento dello status quo. Una risposta plausibile potrebbe essere che se non hanno voluto concedere una sospensiva - che avrebbe permesso di frequentare i corsi con riserva - allora vuol dire che sono più contrari che favorevoli e che non vogliono alimentare false speranze nei ricorrenti, concedendo una sospensiva che poi sarebbe travolta da una sentenza sfavorevole.
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Aggiornamento del 6 dicembre
Neanche al Tar Sicilia (sez. I) la situazione è migliore. Il 4 dicembre si discutevano 7 cause relative a medicina. Finora nessuna di loro ha avuto la sospensiva. In particolare il Collegio - presieduto dal Consigliere di Stato Giorgio Giallombardo - ha ritenuto che l'annullamento di 2 domande su 80 non è sufficiente per ottenere l'immatricolazione con riserva al corso di laurea, visto che "i termini estremamente probabilistici delle censure dedotte da parte ricorrente (in ragione della mancata considerazione dei punteggi ottenuti dai concorrenti rispetto all’eventuale valutazione di tutti gli ottanta quesiti del test d’ammissione) non appaiono, allo stato, supportati da sufficiente fumus boni iuris, tale da indurre ad un ragionevole previsione sull'esito favorevole del ricorso, per cui va respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione sopra descritta". Quindi niente sospensiva.
E ho l'impressione che anche nel caso dell'Udu il ricorso verrà respinto. Se le loro uniche osservazioni si basano sulla correttezza del test hanno poche chance di vincere. Non basta infatti dimostrare che un test contiene qualche domanda sbagliata o ambigua. Bisogna dimostrare che tali errori hanno determinato con certezza matematica l'esclusione del ricorrente. Altrimenti - questo sembra essere il ragionamento del Tar - l'handicap determinato dalla domanda sbagliata si ripartisce in maniera eguale su tutti i concorrenti... E' un ragionamento che - in base alla giurisprudenza prevalente - mi sento di condividere.

mercoledì 28 novembre 2007

Paesaggio

Con un pò di ritardo concluderò, attraverso questo intervento, la chiarificazione dei termini Territorio, Ambiente, Paesaggio, con cui avevo aperto la mia partecipazione a questo blog. "Paesaggio" era l'ultima voce che mancava all'appello. Vogliate scusarmi per la mancanza di tempismo...

Il concetto di Paesaggio è, rispetto ai due termini precedente analizzati, più difficile da definire secondo una interpretazione rigida che porti ad una formulazione semplice da ricordare. Nella vicenda culturale italiana, ma anche europea, il Paesaggio è stato oggetto di diverse interpretazioni e, col tempo, diverse fasi storiche hanno messo in luce, privilegiato, differenti aspetti del paesaggio. Quindi diverse fasi storico-culturali sono state caratterizzate da determinate interpretazioni del concetto di paesaggio che a loro volta, attraverso la legislazione prodotta, hanno segnato l’apertura e chiusura di differenti fasi urbanistiche e/o pianificatorie. Qui tenterò di riportare solo l’idea che la sensibilità e l’esperienza più moderna hanno prodotto del Paesaggio.

Volendo astrarre subito un significato di Paesaggio, in linea con quanto già scritto, possiamo affermare che esso rappresenta la forma che il lavoro e la cultura dell’uomo hanno dato all’ambiente nel tempo. Al lavoro materiale e culturale dell’uomo bisogna aggiungere anche quello della natura che nel tempo modellando l’ambiente o il territorio lo hanno dotato di quei peculiari caratteri formali che producono un Paesaggio. Quindi alla genesi di un Paesaggio concorrono Uomo Natura e Storia insieme. Il Paesaggio allora può essere così definito: il prodotto storico della cultura e del lavoro dell’uomo, della natura sulla natura stessa.

Alla luce di quanto detto e tenuto conto dell’ultima definizione possiamo dire cosa caratterizza un Paesaggio: aspetti formali ( linee, volumi, colori), aspetti fisici visibili (orografia, geologia, idrologia) o non visibili (clima, altitudine), tutto correlato alle attività umane e ai loro aspetti.

Nel Paesaggio, nella forma del territorio, natura uomo e storia si integrano in maniera diversa nei vari luoghi e parti del pianeta, formando così tipi diversi di paesaggio (naturale, agrario, urbano). Essendo ognuno il risultato di un processo di costruzione storica dell’ambiente, la loro differente genesi definisce l’identità dei luoghi che sta alla base della stessa identità delle comunità che abitano quei luoghi. “Prodotto della storia, e identità dei luoghi e delle comunità: questi sono gli attributi del paesaggio” (Edoardo Salzano, Articolo per “Gazzetta Ambiente”, Venezia, 2 luglio 1999. )

Ecco perché Riccardo riferendosi al centro storico (e ai centri storici), paesaggio urbano per antonomasia, ha fatto bene a parlarne in termini di “zona d’identità della città” o di “anima di una città, ciò che, chiunque voglia conoscere di quell'urbe, deve andare a visitare, poiché in esso è custodita la storia millenaria della stessa città.” L’importanza culturale, sociale, del Paesaggio sta nell’essere al tempo stesso prodotto e deposito, testimone di storia e di culture, in una sola parola memoria. Esso in ogni sua forma,dunque, in quanto “memoria” deve essere preservato e tutelato se si vuole mantenere e conservare nel futuro l’identità di un luogo o di una comunità. Capiamo bene allora in cosa consiste la necessità sociale della sua conservazione.







A questo punto si potrebbe parlare dei molti temi, legati al concetto di Paesaggio, che qui ho solo sfiorato: la storia delle teorie sul Paesaggio, la legislazione sul Paesaggio, il tema della tutela e della conservazione, dell’utilità economica e non solo sociale della tutela etc etc… ma mi dilungherei troppo, perché ognuno di questi argomenti meriterebbe un post specifico.

lunedì 26 novembre 2007

Scompare la "gloriosa" Settecannoli

Nel calcio moderno delle TV satellitari, del digitale terrestre sembra non esserci proprio spazio per quelle piccole realtà che erano le squadre di borgata. Come un buco nero il calcio di oggi e la situaizone economica siciliana non permette la sopravvivenza di quelle squadre dilettantistiche che rappresentano non solo un confronto fra 22 ragazzi in calzoncini ma sopratutto un fenomeno sportivo con risvolti sociali.

Le squadre della periferia, da 50anni a questa parte, regalavano un sogno, una speranza... ai ragazzi della periferia palermitana.
Quanti di noi non hanno mai militato in una di queste formazioni? Quanti non si ricordano i confronti con gli altri studenti sulle partite, sulle trasferte, gli allenamenti delle proprie squadre di appartenenza? Così come la squadra dell'A.M.A.T, la Bacigalupo, la Fincantieri,, la Juventina anche la Settecannoli ora entra forzatamente in pensione. Con buona pace di 50 anni di storia... di derby politici con la Bacigalupo (la formazione della palermo-bene) prima e con la Che Guevara dopo... Con buona pace di una squadra che "ha sistemato" diversi giovani di un quartiere, di una zona non certo facile!!! Con buona pace di un pubblico che nelle partite di cartello segnava i 2mila spettatori!!!

Troppo alti i costi (sopratutto l'affitto di aridi campi in terra battuta!!), troppo pochi gli sponsor, ormai totalmente concentrati sul Palermo e fagocitati dal calcio moderno. Troppo irrisorio e denigratorio l'apporto e l'aiuto del Comune e della Regione. Non so voi.... ma a me questo calcio fa sempre più SKYfo... NON CI STO!!! Nella speranza che qualche Assessore allo Sport decida di tutelare, con qualche finanziamento o torneo locale in stile americano, certe realtà che rappresentano prima ancora che una risorsa sportiva... un patrimonio sociale!!!

venerdì 23 novembre 2007

Commento su "La responsabilità etica dell'Architettura - la campagna di Sir Richard Rogers -"

Ho letto il post che recentemente Angelo ha pubblicato ed ho inizato a scrivere una mia riflessione che si è allungata così tanto da non avere più la parvenza di commento, ma quasi di introspettiva sulla nostra città. E credo che l'intento di Angelo nel pubblicare quel pezzo fosse porprio questo. Ho dunque deciso di aprire un post se stante perchè per la lunghezza e forse tediosità dell'intervento era più consono uno spazio siffatto e non un commento. Ringrazio Angelo per essere stato in grado di "smuovere le umani coscienze" e spero vivamente che tutti voi altri siate tanto presi da quel post da maturare una riflessione e da volerla condividere con tutti noi.

Di seguito trovate il mio pensiero. Scusate nuovamente per la sua lunghezza e forse tediosità.


Questa intervista è assolutamente interessante e ancor di più sconcertante: vorrei porre l'attenzione su una immagine che viene al lettore man mano che si scorrono le parole dell'architetto Rogers, ossia il grande, stridente contrasto con le nostre città, soprattutto con PALERMO! Questo stesso contrasto è poi messo sotto i riflettori dalla stessa giornalista (abbastanza abile a giocare su questa dicotomia) e in primis dall'architetto inglese... L'impressione che dopo questa lettura mi resta, insieme ad un'idea in me connaturata da tempo, è che effettivamente da noi le cose vadano molto male, in tantissimi ambiti e l'urbanistica/architettura è uno di questi.. Volendo parlare della nostra città, come possiamo dimenticare lo "scempio di via Libertà" depredata di quasi tutte le sue bellissime ville stile liberty in seguito alle concessioni edilizie firmate dall'allora assessore ai lavori pubblici, Vito Ciancimino? Un panorama artistico perduto nel giro di poche notti... Ma il discorso sarebbe quasi troppo riduttivo se lo fermassimo puramente ad una questione di "bello artistico": il problema è che le città, le NOSTRE, non sono a misura d'uomo e in quanto tali non sono affatto vivibili. Quella multifunzionalità di cui parlava Rogers, in questa sua intervista, a Palermo in parte c'è, ma in molta altra parte manca. La città a mio avviso deve essere il punto primo di cui un cittadino dovrebbe vantarsi, e partendo dal centro storico ed arrivando alla periferia di Palermo c'è ben poco di cui si possa andare parlando fieramente... Per esempio: il centro storico rappresenta l'anima di una città, ciò che, chiunque voglia conoscere quell'urbe, deve andare a visitare, poiché in esso è custodita la storia millenaria della stessa città. Eppure il nostro centro storico sembra tutt'altro che lo scrigno della nostra storia: palazzi lasciati al loro destino, in un evidente stato di abbandono ed in quanto tali spesso non facilmente affittabili a gente del luogo. Da qui nasce una sorta di "invasione" extracomunitaria di buona parte del centro di Palermo (almeno dalla zona che va dalla stazione sino quasi via Bandiera); invasione la quale è giusto e necessario che esista e che ci sia poiché le nostre società ormai sono multirazziali e multiculturali, e poiché l'integrazione deve essere la prima cosa che una città deve sapere offrire a chi sta chiedendo a quel posto una residenza per la futura vita sua e dei suoi familiari. Ma se integrazione deve essere, che lo sia in uno spazio (nel nostro caso il centro storico) che prima ancora di tale invasione sia stato riportato ai suoi “fasti”, tale da poter dire alle genti di Palermo e a coloro che a Palermo arrivano: “Benvenuti, questa è la nostra storia: aiutateci a renderla ancora più gloriosa”. Certo, è vero che negli ultimi 5 anni abbondanti molti interventi sono stati compiuti per riqualificare la “zona d’identità della città”, ma credo possa essere un grave errore supporre che si sia raggiunto l’obbiettivo che ci si era prefissato.

E che dire poi della periferia? Beh, guardiamo due versanti: lato Villabate e lo Zen. Magari ho preso due esempi molto estremi, soprattutto l’ultimo ma credo rendano bene l’idea. Partiamo proprio dallo Zen, anzi quartiere San Filippo Neri: chi ha mai potuto immaginare che la città, anzi prima ancora il quartiere in cui si vive, non debba essere il punto primo di rilancio sociale e affermazione culturale? Sicuramente non chi ha costruito la Zona Espansionistica Nord di Palermo, perché chiunque entra in quella zona viene pervaso da un senso di tristezza e da una voglia di evasione che difficilmente potrebbe non essere giustificata. Come fare a non restare soffocati da quegli enormi palazzoni monotinta, affacciandosi dalle finestre dei quali si riesce solo a scorgere la persiana del dirimpettaio, o al più il condominio più vicino? Come può essere una struttura siffatta il punto di rilancio per i suoi abitanti o ancor peggio una “struttura multifunzionale” ove dire “ci lavoro, ci passo il tempo libero, CI VIVO”? Come potrebbe mai un obrobrio della moderna urbanistica far nascere un sentimento di quiete nell’animo dell’abitante se l’unico pensiero che vien in mente costeggiando quei palazzoni è la fuga? Preferisco però non addentrarmi troppo su questioni sociali che magari non sono nemmeno di mia competenza, poiché mi rendo ben conto che la questione “ZEN” è molto delicata per cento ragioni e forse questa urbanistica rappresenta soltanto la centunesima…

Mi voglio servire invece dell’esempio di Villabate per ragionare un po’ su un altro punto relativo all’intervista di Richard Rogers: proprio l’altra sera parlavamo con l’amico Angelo Priolo della questione “viabilità” a Palermo, convenendo che probabilmente non serviranno nemmeno gli attuali piani del nostro Comune per correggere una situazione, quella nostra, che sembra ormai potere soltanto peggiorare.. E’ vero che la presenza di un passante ferroviario, dei tram e di chi per essi può rappresentare un punto di partenza, a mio avviso anche ottimo, per creare un efficiente sistema di trasporto pubblico.. Ma è pur vero che a Palermo MANCA la cultura del trasporto pubblico perché tutti noi, me incluso, abbiamo l’idea che spostarci in macchina sia più comodo, poiché dipendenti solo e soltanto da noi stessi.. Perché quando vuoi tornare a casa o spostarti per la città basta accendere la macchina!!! La situazione reale è però ben diversa, poiché tanto per citare il celeberrimo film di Roberto Benigni, “Jhonny stecchino”: “il vero problema di Palermo è IL TRAFFICO”. E, in ogni caso, seppure dipendente solo da te stesso/a, ti ritrovi ugualmente bloccato/a nel traffico con accanto alla corsia lungo la quale la tua macchina procede ad un passo di tartaruga tanto lento da “consentire finalmente ad Achille di raggiungere la Tartaruga”, lo stesso autobus che avresti potuto prendere per ritornare a casa. E, mentre procedi, capisci d’aver fatto una enorme stupidaggine a spostarti in macchina, perché hai perso i soldi della benzina impiegando lo stesso tempo impiegato dal trasporto pubblico… E ti senti due volte scemo/a!!!!

C’è però da sottolineare anche che quella sopraccitata idea della comodità del trasporto privato su quello pubblico nasce da una realissima situazione di “malfunzionamento” del trasporto pubblico stesso. Volevo parlare della Palermo confinate con Villabate proprio in questo senso: come si può preferire al trasporto pubblico quello privato se chi deve spostarsi verso il Centro città corre il rischio di dovere attendere più di mezzora alla fermata un bus che, una volta arrivato, sarà così affollato da non permettere nemmeno alle formiche di respirare? E il discorso va esteso anche alle altre zone della periferia della nostra città… In questo si palesa il paradosso della nostra città, come mi disse Angelo stesso quella sera: il centro storico, che sicuramente vede viaggiare un volume di persone nettamente superiore a quello dalla periferia, è più “fittamente” collegato da una rete di trasporti che quasi (QUASI) sfiora l’efficienza mentre la periferia (dalla quale giungono potenzialmente più della metà di coloro i quali fan parte di quel volume di cui si parlava prima) è abbandonata quasi (QUASI?) del tutto al suo destino. In tal senso magari sono da leggere gli interventi del Comune, ma nonostante ciò c’è qualcosa ancora che stride con quanto detto da Rogers e che ben si inserisce in questo ragionamento: la creazione di nuovi parcheggi. Come può una città dedita al “comodismo” accettare l’idea, la cultura del trasporto pubblico se a questa stessa vengono fornite delle strutture opportune ove lasciare la propria vettura in sosta per tutto il periodo che si vuole? E su questo aspetto voglio fermarmi, perché ci sarebbe da chiedersi anche come sono distribuiti i proventi di tali parcheggi, che forse non tutti sanno che saranno per molti anni riversati solo ed esclusivamente nelle casse di chi li ha costruiti..

Ecco, in tal senso si apre la mia riflessione all’intervista di Rogers, e se proprio devo dirla tutta, forse per il siculo pessimismo o per “esperienza di vita vissuta”, non sono molto ottimista del futuro, ma mi fido… Mi fido della presunta capacità di chi governa di circondarsi di persone valide che sappiano dare alla nostra città un aspetto migliore e una vivibilità al pari degli standard europei. Mi fido di coloro i quali hanno realmente la possibilità di chiedere una mano a gente come Rogers che di questa professione ha fatto una sorta di “missione personale”.

Mi fido..

Mi voglio fidare..

lunedì 19 novembre 2007

La responsabilità etica dell'Architettura - la campagna di Sir Richard Rogers -

Ho appena letto un 'articolo che mi ha riempito di gioia e mi farebbe ancora tanto piacere se, dopo aver dedicato qualche minuto del vostro tempo alla lettura di questo blog, queste poche righe riuscissero a "rianimare" voi come hanno "rianimato" me.

Sentir parlare di responsabilità etica dell'Architettura mi ha fatto ricordare la ragione di una scelta, quella dei miei studi, e mi sprona a superare la fase di sconforto che m'attanaglia da quelche giorno che è sopraggiunta dopo essermi convinto della sconfitta dell'urbanistica. Già, perchè oggi, in Italia, "chi" dovrebbe utilizare lo strumento urbanistico come una forte arma a difesa e a suggello del Patto tra Stato e Cittadini, per il bene collettivo e l'interesse pubblico, di fatto opera nella versione opposta, dando l'impressione che il Piano sia invece diventato un pesante fardello, magari luccicante come un gioiello, ma da mettere da parte subito dopo averlo sfogiato , ostentato per un pò.

La gioia me la suscitano la chiarezza e la semplicità delle parole, che si rivolgono a un pubblico ampio, a mio avviso. Certe riflessioni, certi problemi, certe soluzioni non sono meri tecnicismi e non devono rimanere nella testa di urbanisti o architetti (già sarebbe qualcosa in effetti) ma devono essere fatti concreti, attualità di "dominio pubblico", perchè riguardano noi cittadini dato che le città, per definizione, sono nostre, e noi dobbiamo viverle. Altrimenti potremmo sentirci chiedere..."Ma dove vivete?"

Violante Pallavicino intervista un architetto che comprende la città, i suoi problemi e quindi individua le soluzioni. Racconta come si fa in Gran Bretagna. Dal trimestrale
Terzo Occhio, n, 4, ott/dic 2007


Come ogni estate, ad agosto, Richard Rogers, si riposa in Toscana. Arriva da Los Angeles. Subito prima, a Londra, ha ricevuto il Pritzker Prize, equivalente al Nobel per l’Architettura; l’anno scorso, alla Biennale di Venezia, il Leone d’Oro alla Carriera. Riconoscimenti importanti, che si aggiungono, tra gli altri, al Premio Imperiale del Giappone, alla Legione d’Onore francese, all’attribuzione del titolo di Pari d’Inghilterra. Ma ciò che davvero conta, per il progettista di molti tra i più innovativi edifici del mondo, chiamato insieme a Daniel Libeskind, Norman Foster e Fumihiko Maki alla ricostruzione del World Trade Center a Manhattan, è aver contribuito alla riqualificazione delle grandi metropoli moderne.

A 74 anni, passeggiando per Londra, Barcellona, Berlino, Lisbona, o New York, o Seul, si trova a vivere dentro la sua visione realizzata: quartieri ad alta densità, nati dal riuso delle aree industriali dismesse, popolati di costruzioni high-tech, (prototipo il Beaubourg, creato dalla coppia Richard Rogers/Renzo Piano nel 1977) e spazi pubblici pedonalizzati, sottintesa l’idea di piazza della città rinascimentale (Rogers rimanda alla sua nascita, avvenuta in quel di Firenze), luoghi ameni di incontro e scambio tra persone, fulcro della progettazione e della rigenerazione urbana sostenibile, ma anche punto nodale dei collegamenti cittadini.”

Lord Rogers, come ha fatto?

“A far entrare architettura e progettazione urbanistica nell’agenda della politica? Da bambino ero dislessico e lottavo disperatamente per non essere l’ultimo della classe, ho imparato la tenacia… e anche tante cose sulla convivenza sociale: arrivavo in Inghilterra da Trieste, nel ’39, dove la mia famiglia viveva da 2 generazioni. Poi gli studi… io credo nella responsabilità etica dell’architettura, sono ancora un convinto modernista, e penso che l’architettura abbia il ruolo dell’arte di avanguardia: deve generare nuova coscienza e preparare il futuro.”

La sua personale ossessione, che ha prodotto una dottrina: il “rinascimento urbano”.

“L’80% della popolazione mondiale vive nelle città, è il dato da cui partire. In Inghilterra il 90%. E sono loro, le persone, il primo referente dell’urbanistica. Poi c’è il mutamento climatico, la più grande minaccia al futuro del nostro pianeta, che ci impone di tutelare l’ambiente naturale ponendo un limite al consumo di suolo e di energia. E quindi la città deve essere: compatta (rimanere all’interno dei suoi confini), verde (anche perché progettata in modo sostenibile: gli edifici producono il 50% dell’inquinamento), multi-centrica (tanti quartieri ognuno con una sua identità e autonomia), integrata (la convivenza di ceti sociali diversi evita sofferenza e delinquenza), multi-funzionale (ci vivo, ci lavoro e ci passo il tempo libero), ben connessa (anche perché ben pianificata: ci si va a piedi, in bicicletta, in autobus, in metrò).”

Facciamo l’esempio di Londra.

“Negli Anni ’80 era il caos, non esisteva nemmeno un Ufficio che avesse la responsabilità della pianificazione. La politica della Thatcher, in coincidenza col più grande boom immobiliare del secolo, era totalmente al servizio della speculazione. E ovviamente favoriva l’espulsione delle classi povere dalla città verso i quartieri dormitorio, con il devastante corredo di nuovi centri commerciali, quadruplicati poco dopo il suo arrivo. A proposito! Ma che sta succedendo in Italia? Da nessun altra parte al mondo vedo il cancro dei centri commerciali, multisale comprese, dilagare come da voi… state distruggendo il tessuto sociale delle città, fate chiudere i negozi e consegnate i centri storici ai turisti che li trasformano in parco dei divertimenti… guardi qui vicino, anche Pienza… “

Appunto. Siamo qui perché Lei ci indichi un rimedio.

“Io, all’epoca, scelsi di impegnarmi in campagna elettorale a fianco del New Labour Party, scrissi in quell’occasione il mio unico libro: Architecture: A Modern View (1991). Quando abbiamo vinto, era la sera delle elezioni del 1997, ricordo che ero in mezzo alla folla del South Bank a Londra, a urlare di gioia. Poi nel 1998, con Tony Blair, abbiamo creato la struttura che doveva individuare le cause del declino urbano e costruire una prospettiva per le nostre città, la Urban Task Force. Oggi molte delle 105 Raccomandazioni,frutto del lavoro iniziale, fondano la nostra politica nazionale per grandi e piccole città. Ci tengo a dire che a Londra abbiamo avuto un incremento della popolazione di 1 milione di persone in 10 anni e non abbiamo toccato un solo metroquadrato di green field, la campagna intorno alla città. Abbiamo costruito solo su brown field, le ex aree industriali. Dal 2001 è legge nazionale: il 70% di ciò che si decide di costruire, laddove esiste, deve essere su brown field, e a Londra il sindaco Livingstone sta arrivando al 100%.”

Unrisultato straordinario.

“Abbiamo ottenuto questo aumentando la densità edilizia. E non vuol dire salire in altezza. A Barcellona, che ha la più alta densità d’Europa, la media è di 8 piani, tranne un paio di grattacieli. Il punto è che non dovremmo mai costruire meno di 40 unità per ettaro. Questo parametro è tale perchè servono 5.000 persone per rendere economicamente sostenibile una fermata d’autobus, le case distanti, a piedi, non più di 8 minuti. Se costruisci così 3 ettari, ad alta densità, puoi garantire una linea d’autobus, se arrivi a 4/5 puoi avere la stazione. Sto sempre parlando di edificare su brown field, naturalmente! Lo sa, abbiamo calcolato che la costruzione di una villetta fuori dal perimetro urbano, nel green field, costa alla collettività € 50.000. Sono tasse invisibili che la comunità paga, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: distruzione del paesaggio, una sconfinata periferia di non-luoghi… accelerazione del riscaldamento globale.”

Per questo, anche con Livingstone, avete puntato sul trasporto pubblico.

“Le misure più radicali, per ridurre le emissioni legate alla mobilità,sono del 2003: a Londra in un’area di 22 km quadrati, con un buon 20% della popolazione contro, è stato imposto un ticket giornaliero di circa € 8,00, sconti solo per i residenti e il ricavato a finanziare il trasporto pubblico. Dopo 1 anno: 70.000 auto in meno, 29.000 passeggeri in più sugli autobus, puntualità migliorata del 30% , inquinamento ridotto del 15%.”

Niente parcheggi?

“Per carità! Un’altra follia tutta italiana, questa dei parcheggi sotterranei nei centri storici! Così si continua a inquinare, a congestionare la viabilità, si rallenta la velocità dei mezzi pubblici… A Genova, per esempio, so che Renzo Piano ha provato a opporsi. Pensi che a Londra, negli ultimi 40 anni, non abbiamo autorizzato la costruzione di un solo parcheggio.”

Quindi, a 10 anni dall’istituzione di Urban Task Force, il bilancio è totalmente positivo?

“Segnalo che avevamo un precedente. Nel dopoguerra con le città distrutte e il paese in rovina, il governo del Labournazionalizzò i diritti edificatori e per contrastare lo sprawl, il dilagare delle casette fuori dalla cerchia urbana, impose un greenbelt attorno all’area di Londra. Era il 1944. La popolazione in eccesso sarebbe stata accolta nel sud-est d’Inghilterra, oltre il greenbelt, nelle “new towns” accuratamente pianificate e edificate dallo Stato. E comunque la mia risposta è no. Ciò che siamo a riusciti a fare a Londra non vale per tutto il paese. Rimangono enormi disuguaglianze nelle nostre città, i prezzi delle case sono spinti verso l’alto, l’offerta di edilizia sociale è insufficiente, il potere dei costruttori rimane troppo grande. C’è di buono che, per ottenere i permessi, sono obbligati a costruire un 35% che viene immesso sul mercato a prezzi accessibili, in vendita e in affitto. Il sindaco Livingstone, vorrebbe alzare questa quota fino al 50%. Oggi in Inghilterra la percentuale di alloggi di edilizia sociale, in rapporto al totale di alloggi esistenti, è del 21%.”

In Italia siamo al 4%, l’Olanda, invece …

“In Olanda è il 35% , ma lo stato è padrone quasi del 90% dei terreni e questo perché li hanno materialmente strappati al mare! L’Olanda da questo punto di vista è un modello per tutti. Noi usavamo lo stesso sistema prima della Thatcher, credo che ci torneremo: acquistare i terreni, per poi vendere ai costruttori i lotti edificabili. Così si esercita un controllo anche sulla qualità della progettazione, non solo sull’offerta di edilizia sociale.”

A proposito di qualità…

“Per me la qualità del design si deve esercitare innanzitutto sugli spazi pubblici. A Londra abbiamo istituito per questo CABE (Commission for Architecture and the Built Environment) che valuta i progetti dei nuovi insediamenti e tra breve altre tre Commissioni saranno funzionanti nel resto del paese. Esaminano i progetti e possono bloccare l’iter autorizzativo. Lo sa che in Inghilterra non serve un professionista per firmare? Chiunque può farlo. Il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale poi si incarica di controllare la conformità agli standard.”

Lo considera un buon sistema?

“Guardi, mi verrebbe voglia di rispondere con una battuta: in Italia gli architetti firmano il progetto, ma poi sono gli Uffici comunali che ci mettono le mani. Succede così: intanto si blocca tutto, poi si taglia un pezzo qui, se ne mette un altro lì e finalmente lo si chiude nel cassetto. Restiamo in Toscana: il mio primo progetto, per l’area di Novoli, è del 1978; del 1983 è quello per il recupero delle rive dell’Arno (nel frattempo sono riuscito a farlo sul Tamigi), poi viene l’area ex-Fondiaria di Castello, nel 1995, sempre a Firenze. Aggiunga, nel 1999, il piano per riqualificazione della Passeggiata di Viareggio e il più recente, commissionato nel 2001, per il centro di Scandicci. Ebbene, non se n’è fatto niente, sono trent’anni che faccio progetti in Italia, ma ancora non ho costruito una casa.”

C’è da chiedersi se architetti della sua fama non vengano usati come arieti, per far saltare i Piani Regolatori: un nome importante per far passare aumenti di cubature altrimenti ingiustificabili.

“Forse…”

Riguardo al suo progetto per l’area ex Alitalia alla Magliana di Roma, Legambiente si è fatta portavoce della protesta; a Viareggio è nato il Comitato Salviamo la Passeggiata… per Scandicci, i Comitati dei Cittadini denunciano il tentativo di saturare residui spazi verdi…

Ricordo ancora, con entusiasmo, un’assemblea a Scandicci con la gente, fino all’una di notte, ad ascoltare il progetto sulla loro città. Era il 2002. Non sono i cittadini a bloccare i progetti, ben venga il loro contributo. E tra l’altro, quello di Scandicci, è l’unico ancora in essere… Guardi, io nel 2003 ho pubblicato su la Repubblicauna lettera aperta al Sindaco Leonardo Domenici…”

Cosa diceva nella lettera?

Chiedevo, dopo 7 anni, che fine avesse fatto il mio Piano guida per Castello, mentre vedevo Firenze continuare ad espandersi oltre i confini urbani, consumando il suo bellissimo e prezioso territorio. Segnalavo la mia preoccupazione che, sotto la pressione delle dinamiche di espansione, si considerino solo le convenienze della politica, rinunciando alla qualità sostenibile della città del futuro”.

Non ha usato mezze parole.

Senta: questo è il paese dove è nato il concetto di proprietà pubblica, a Roma, l’avete inventato voi! Ma in Italia, e non da oggi, chi governa ha perso il senso di responsabilità nei riguardi della cosa pubblica. E manca il riconoscimento del bene comune come valore condiviso. Un esempio? Dato che siamo in Val d’Orcia…”

Monticchiello?

Sì, ma prima voglio dirle che se lei guarda giù dalle mura di Pienza, ancora vede un paesaggio intatto. Aver conservato la bellezza è frutto di una cultura che c’è, o c’era fino a pochissimo tempo fa. E’ per questo che vengo qui. La lottizzazione speculativa di Monticchiello é la negazione di questa cultura. Conservare il paesaggio è interesse pubblico. Costruire quegli edifici, a Monticchiello, è interesse privato.”

Demolire?

Bisogna coltivare la passione per un gesto del genere… sì, voi italiani ce la potete fare. Ma prima di buttar giù, bisogna avere il coraggio di dire no: chi vuole una seconda o una terza casa in mezzo alla campagna deve trovarsela tra quelle esistenti.”

Si obietta che villettopoli sviluppa l’economia locale.

“Non voglio rispondere a una tale scemenza. Sappia che una classe politica, se non ha una visione collegata a un progetto, a un’idea di società del futuro, non potrà mai essere all’altezza del compito che gli affidiamo.

venerdì 16 novembre 2007

RicorsoNumeroChiuso

IL RICORSO. Nel settembre 2007 il comitato "Costruiamo il domani" ha presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per chiedere l'abolizione del "numero chiuso" a medicina e odontoiatria. Un ricorso per estendere il diritto all'immatricolazione ad alcuni ragazzi che non erano riusciti a entrare. Perchè il numero chiuso secondo noi non è in grado di selezionare i migliori.

Il ricorso è stato respinto ma le nostre inziative contro questo sistema di selezione non si sono fermate. La giurisprudenza, per fortuna, non è immobile ma cambia incessantemente adattandosi al mutare dei tempi. La nostra speranza è che in futuro i giudici italiani cambino orientamento oppure che i parlamentari intervengano per riformare il sistema.

(pagina aggiornata al 10 aprile 2009)

per ultriori informazioni potete contattare questo indirizzo:
costruiamoildomani(AT)libero.it (AT) = @

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LE TAPPE DEL RICORSO

5 dicembre 2007: Il ricorso è stato presentato all'ufficio Unep della Corte d'appello della nostra città per notificarlo ai due controinteressati: venti pagine piene di motivazioni e di una copiosa giurisprudenza. La legge prevede - a pena di inammissibilità - che i ricorsi straordinari relativi ai concorsi vengano comunicati ad almeno un soggetto della graduatoria. Abbiamo scelto l'ultimo classificato di medicina e l'ultimo di odontoiatria.
14 dicembre 2007: Le notifiche ai controinteressati sono andate a buon fine. Abbiamo spedito al Ministero l'originale del ricorso.
24 dicembre 2007: il Ministero ha ricevuto il ricorso.
5 febbraio 2008: Ci siamo messi in contatto col funzionario che sta curando il ricorso. Ci ha risposto che i loro uffici hanno ricevuto il ricorso e che hanno avviato l'istruttoria. Questa fase, per legge, dura 120 giorni. Quindi in teoria dovrebbero inviare la documentazione al Consiglio di Stato entro fine aprile. In pratica non avviene quasi mai. E se il ricorrente non sollecita gli uffici competenti c'è il rischio che l'istruttoria si protragga per anni... Ma torniamo a noi. Purtroppo la crisi di governo ha complicato la situazione. Adesso bisognerà aspettare l'insediamento del nuovo governo. Fino ad allora la procedura è sospesa.

11 febbraio 2008: Abbiamo scritto all'Università sollecitando la loro collaborazione per velocizzare l'iter del ricorso. In pratica gli uffici dell'ateneo dovrebbero trasmettere al Ministero - in copia conforme - i documenti che abbiamo citato nel ricorso (bandi per l'ammissione, copia delle graduatorie, decreto di scorrimento...) per attestare l'autenticità dei documenti che noi abbiamo depositato
17 aprile 2008: Sono passati due mesi e l'Università non ha risposto alla nostra missiva. In ogni caso la loro inerzia non ci fermerà. Il Ministero ha tempo fino al 7 giugno 2008 per concludere l'istruttoria del ricorso. Decorso questo lasso di tempo trasmetteremo noi stessi l'incartamento al Consiglio di Stato. Speriamo che il Collegio possa esprimersi sulla sospensiva entro fine luglio. La sentenza - nella migliore delle ipotesi - non arriverà prima di settembre.
8 maggio 2008: Data importante per due motivi. Oggi il governo Berlusconi ha giurato al Quirinale. Con la nomina del nuovo ministro dell'Università riparte l'iter del nostro ricorso. Ma oggi è successo anche qualcos'altro. Si è svolta l'udienza, al Tar Lazio, del maxi-ricorso Udu per l'annullamento della graduatoria di medicina e di chirurgia. La sentenza verrà depositata tra qualche settimana ma non ci sono grandi speranze di accoglimento.

9 maggio 2008: Abbiamo notificato al ministero una lettera in cui chiediamo di trasmettere al Consiglio di Stato il nostro ricorso per consentire ai giudici di emettere una decisione. Se non lo faranno entro il 7 giugno provvederemo direttamente noi. Ecco i nostri obiettivi: esame della sospensiva entro fine luglio e sentenza entro settembre. Per quanto riguarda l'esito... beh quello dipende solo dai giudici!

31 maggio 2008: Repubblica ha pubblicato un articolo sul nostro ricorso. Lo potete leggere all'indirizzo: http://costruiamoildomani.blogspot.com/2008/06/numero-chiuso-medicina-settembre-la.html

12 giugno 2008: Oggi ci siamo messi in contatto con gli uffici del Miur. Sono stati gentilissimi. Hanno spiegato che contano di trasmettere il nostro ricorso entro luglio. Ma se vogliamo che il Consiglio di Stato si pronunci entro settembre non possiamo aspettare così a lungo. Per questo oggi abbiamo inviato il fascicolo alla segreteria del Consiglio di Stato: un malloppo di carta spesso tre centimetri (venti pagine di ricorso e centinaia di pagine con documenti di varia natura). Entro un mese analizzeranno la sospensiva e fisseranno la data per l'esame del merito. Il nostro obiettivo è lo stesso: sentenza entro fine settembre.
16 giugno 2008: La segreteria del Consiglio di Stato ha ricevuto il fascicolo.
2 luglio 2008: Oggi il Consiglio di Stato ha discusso la sospensiva. Non ne conosciamo l'esito ma generalmente, non sempre, il Cds non concede misure cautelari per casi complessi come il nostro. L'udienza è comunque utile perchè induce il Consiglio a formulare delle prime osservazioni sulla fondatezza del ricorso e ci mette in condizione di inviare eventuali memorie difensive. Speriamo che il ricorso posso essere discusso nel merito entro fine settembre: molto dipenderà dal carico di lavoro del Cds e dalla velocità con cui l'Amministrazione fornire l'originale del ricorso. L'esito della sospensiva ci dovrebbe essere comunicato entro fine luglio e in quel momento sapremo anche la data dell'udienza di merito.
27 agosto 2008: Il Consiglio di Stato, come previsto, non ha concesso la sospensiva. Lo hanno riferito gli impiegati dell'Organo. L'udienza di merito è stata invece fissata per il 12 novembre 2008.
19 settembre 2008: ho ricevuto la relazione in cui il Ministero risponde al nostro ricorso e ho preparato la replica... 20 pagine di argomentazioni, citazioni normative, precdenti giurisprudenziali. Speriamo sia sufficiente a ottenere il rinvio alla Corte di Giustizia! Questo ricorso è complesso ma spero che alla fine i giudici ci diano ragione...
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10 aprile 2009: ricorso respinto. Secondo il Consiglio di Stato il "numero chiuso" è imposto dalla nostra carta costituzionale per tutelare "i più capaci e meritevoli" (Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 2256/2008; estensore Sergio Berlinguer, presidente Agostino Elefante). Nei prossimi giorni pubblicheremo il testo integrale del ricorso.

sabato 10 novembre 2007

Il Parlamento europeo scrive al comitato




L'importante non è quello che si chiede ma COME lo si chiede.

Il Parlamento Europeo ha scritto al comitato "Costruiamo il domani" in risposta a una petizione inviata il 22 settembre 2007 nella quale affermiamo che il "numero chiuso" ai corsi di laurea di medicina e odontoiatria non è conforme al diritto comunitario (in particolare per violazione delle norme antitrust, per violazione del "diritto di stabilimento" dei cittadini europei e per violazione dei principoi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea).

Alleghiamo la lettera. Naturalmente questo è solo il primo di tanti altri passi. Ci aspettiamo che la petizione venga dichiarata ricevibile al più presto e che possa iniziare l'iter per la sua discussione nei prossimi mesi. Nel frattempo la nostra associazione si metterà in contatto con gli europarlamentari italiani che appartengono alla commissione per le petizioni per chiedere di sollecitare un rapido esame della vicenda.

Se volete darci una mano, scrivete anche voi una mail agli europarlamentari italiani. Nei prossimi giorni inseriremo i loro indirizzi in questo blog.

mercoledì 7 novembre 2007

Maxi-ricorso numero chiuso: l'udienza il 29 novembre

Il Tar Lazio ha fissato la data per il maxi-ricorso (oltre 2000 ricorrenti!) organizzato dall'associazione Udu per ottenere l'annullamento della graduatoria di medicina e chirurgia. L'istanza cautelare sarà decisa la mattina del 29 novembre. Questo vuol dire che l'esito del ricorso si saprà già nel pomeriggio, o al massimo entro un paio di giorni. Ricordiamo che l'istanza cautelare è una richiesta fatta al giudice in cui si chiede di emettere un provvedimento provvisorio che avrà efficacia in attesa della sentenza.

E' un test molto importante. I giudici, in questo caso, sono chiamati a decidere se ammettere con riserva gli studenti ai corsi di laurea. Cinque gli esiti di questa prima fase del ricorso:

1) la sospensiva potrebbe essere respinta (e dunque l'iter del ricorso continuerebbe, ma le possibilità di giungere all'annullamento delle prove sarebbe molto più basse). Gli studenti non sarebbero ammessi a frequentare

2) la sospensiva potrebbe essere accolta (l'iter del ricorso continuirebebbe) e i ricorrenti - e solo loro - sarebbero provvisoriamente ammessi a frequentare. Attenzione: vincere una sospensiva non significa vincere il ricorso! I giudici sono larghi di manica nel concedere le sospensive: molte delle sospensive si trasformano, a fine del procedimento, in sentenze sfavorevoli per i ricorrenti

3) il Collegio potrebbe decidere di emettere una sentenza "in forma semplificata"e accogliere il ricorso. E' un procedimento particolare che permette al giudice di emettere la sentenza direttamente quando esamina la sospensiva, senza dover fissare una nuova udienza e quindi senza dover perdere altri mesi. Viene usata questa procedura solo quando il giudicie non ha dubbi sulla fondatezza (o infondatezza) del ricorso. Sarebbe una vittoria totale. Il segno che i giudici ritengono pienamente fondate le ragioni dei ricorrenti (quello che ad esempio è successo a Bari). Le possibilità che ciò avvenga sono tuttavia scarse, data la complessità della vicenda e la natura degli interessi in gioco. In ogni caso l'Avvocatura dello Stato potrebbe sempre impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato...

4) il Collegio potrebbe decidere di emettere una sentenza "in forma semplificata" respingere il ricorso. A quel punto i ricorrenti dovrebbero fare ricorso al Consiglio di Stato.

5) il Collegio potrebbe decidere un rinvio per consentire l'integrazione del contraddittorio o per consentire il deposito della documentazione

E' impossibile fare una previsione ma, data l'importanza dell'argomento, mi sembra probabile che i giudici dispongano un rinvio e chiedano di integrare il contraddittorio tramite la notifica "per pubblici proclami", cioè attraverso pubblicazione di un estratto del ricorso sulla Gazzetta ufficiale, al fine di permettere a tutti i controinteressati (cioè a chi è entrato) di costituirsi presso il Tar Lazio e depositare una propria memoria.

Insomma, quello che ha deciso il Tar Genova (ne abbiamo già parlato nel blog)

Vi terremo informati sugli sviluppi.

giovedì 1 novembre 2007

Alla scoperta delle ricchezze palermitane: Palazzo Jung

Alla fine del Settecento i fossati che circondavano le mura cittadine a ridosso del bastione dello Spasimo vengono colmati per disposizione del Senato palermitano e venduti ai privati per soddisfare l'esigenza di nuovi spazi da parte della emergente borghesia. Su questi terreni viene tracciata la strada di Alcalà (odierna via Lincoln) che da un lato si affaccia sulla Villa Giulia e l'Orto Botanico, e dall'altro viene presto colmata da una cortina di edifici. Tra i più interessanti emerge l'elegante prospetto di Palazzo Sciarrino commissionato, al finire del '700, da Rosario Sciarrino di Sciacca, che aveva acquistato nel 1971, dal marchese di Santamarina, il feudo Verbumcaudo (o Garbincauli) con annesso titolo baronale. E' il simbolo di una nobiltà acquisita da parte di ricche famiglie borghesi, che cercano di farsi spazio tra le antiche famigile nobili locali di cui si intravede l'inizio di un viale del tramonto di origine prettamente economica.

Nel 1878 Palazzo Sciarrino viene acquisito dai marchesi Caterina Ugo di Valguarnera, e Giuseppe Salvo e Sollima di Pietraganzii che ne detengono il possesso sino al 1904. Nel marzo di qeull'anno l'immobile viene venduoto a Giuseppe Calamaro ed alla sua morte, nel 1908, viene trasferita alla figlia Giuseppina, sposata con il Principe Pietro Vanni Calvello di San Vincenzo.

Il palazzo viene acquistato nel 1921 dalla famiglia Jung -ebrei di orignie svizzera- proprietari di un'impresa di import ed export di frutta secca, agrumi ed essenze, che ne ne fa la propria residenza. La famiglia Jung diventa presto simbolo di quella capacità imprenditoriale ed economica dell'intera città. Guido Jung, le cui qualità di economista vengono universalmente riconosciute, copre la carica di Ministro delle Finanza per ben due velte dal 1932 al 10935 e nel 1944. A lui si deve la nascita dell'IRI.

Nel 1959 il palazzo viene acquisito dall'Ente Provinciale per il Turismo che, dopo una serie di trasformazioni, ne fa la sede dell'Istituto Professionale Alberghiero. Nel 1980 l'Istituto si trasferisce ed il palazzo rimane praticamente abbandonato finchè la Provincia, in cui è nel frattempo confluito l'Ente Provinciale del Turismo, avvia i lavori di restauro.

Con un prospetto di 50 metri, 11 balconi per ciascuno dei due paini, con una pianta rettangolare di circa 1200 metri quadrati, è senz'altro l'edificio rappresentativo della nuova strada su cui si pare l'ingresso principale affiancato da due colonne e sormontato da un balcone con parapetto in pietra. il piano ammezzato, secondo i canonoi dell'epoca, è riservato alal servitù che accudisce agli ambienti dei piani superiori per mezzo di scale separate. Al primo piano un lungo corridoio serve la sucessione di ambienti che si affacciano sulla via Lincoln. L'altra elevazione ha pressappoco la medesima disposizione. Dalle mansarde è possibile godere di una vista incantevole: da un lato Villa Giula e l'Orto Botanico, con il mare sullo sfondo. Cielo e mare blu contrastano mirabilmente con il verde smeraldo della rigogliosa vegetazione; dall'allatro il cinquecentesco complesso monumentale dello Spasiomo con la chiesa annessa.
Il palazzo è arricchito da un bel giardino tipico della tradizione palermitana tra l'Ottocento e Novecento: i viottoli, irregolari e sinuosi con il fondo in macadam, danno spazio ad una pregevole collezione di piante esotiche ornamentali: il massimo esempio del connuubbio arte-natura è dato dal maestoso Ficus macrophylla di origini australiane, che insieme all'esemplare dell'Orto botanico è uno dei primissimi alberi di origine australiana impiantati in europa.



All'interno del giardino in posizione leggermente rialzata, si riconoscono tracce di un campo da tennis. Alla vendita del palazzo da parte degli Jung il giardino, non più curato, diventa, nel corso degli anni un deposito di rifiuti.

Nell'ambito del recupero del palazzo effettuato dalla Provincia, il giardino storico è stato oggetto di un complesso progetto di restauro conservativo. Attualmente sono stati realizzati alcuni interventi preliminari che hanno permesso di riaprire alal pubblica fruizione, ritenendo l'uso degli spazi il migliore strumento a garanzia della conservazione e della manutenzione dei beni.

Il recupero di palazzo Jung segna un primo importante passo verso la valorizzazione di un patrimonio architettonico, legato in modo determinante a quella borghesia imprenditoriale siciliana, nella quale spiccavano numerosi stranieri, che all'inizio del XIX secolo si erano trasferiti a Palermo, integrandosi perfettamente nel giro di pochi anni, nella vita economica, sociale e culturale della città.

Palazzo Jung - Via Lincoln, 73 - Palermo

Fonte: Prvincia Regionale di Palermo, Maurizio Rotolo.