giovedì 21 ottobre 2010

Test medicina di Firenza, niente ripetizione

La prova non sarà ripetuta: le richieste dei ricorrenti sono dunque state accolte solo in parte. Il Tar Medicina si è pronunciato sul ricorso presentato dall'Udu contro l'Università di Firenze per l'annullamento dei test di medicina svoltisi a settembre. La prova non sarà ripetuta, come chiesto dall'Udu, ma in compenso alcuni dei ricorrenti potranno iscriversi in sovrannumero.

I giudici hanno spiegato che nel verbale della Commissione straordinaria dell’Università di Firenze risulta che in quattro quesiti “lo studente avrebbe potuto trovare vantaggio dalla visione di una Tavola Periodica degli elementi” e di conseguenza hanno decretato l'ammissione con riserva di chi, rispondendo positivamente a quei quesiti, avrebbe raggiunto un punteggio utile ai fini dell’ammissione.

L'udienza definitiva - questa infatti è solo una pronuncia cautelare - è fissata per il 12 gennaio. Intanto alcuni ricorrenti (per la precisione una decina sui 40 totali) potranno frequentare le lezioni.

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Firenze/Sezione%201/2010/201001465/Provvedimenti/201000927_05.XML


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Il nostro commento
(aggiornato al 23 ottobre)

La ripetizione dei test sarebbe stata sproporzionata: lo avevamo detto a chiare lettere nel post precedente. I giudici hanno scelto la via più saggia. Hanno infatti bilanciato i diritti di chi è rimasto escluso per pochi punti con quelli di di chi invece è già entrato.

La nostra unica perplessità riguarda il criterio utilizzato per decidere quali ricorrenti ammettere. Il Tar ha decretato l'iscrizione in sovranumero di quei ricorrenti che raggiungerebbero un punteggio utile ai fini dell’ammissione nel caso in cui si dessero come positivamente risolti i quattro quesiti di cui al citato verbale, ancorché nel corso della prova i ricorrenti stessi non li abbiano risolti o abbiano risposto in maniera errata.

Il ragionamento dei giudici non ci convince. Il tribunale ipotizza che tutti i ricorrenti, avendo avuto la possibilità di consultare le tavole, avrebbero risposto esattamente ai quattro quesiti. Ma ciò è scorretto perchè, come detto prima, non basta la consultazione della tavola per risolvere correttamente a un quesito di chimica, allo stesso modo che non basta avere una tavola pitagorica per risolvere correttamente una moltiplicazione a due cifre. Un individuo privo di buone basi chimiche infatti non sarebbe in grado di giovarsi della tavola periodica.

Le tavole periodiche hanno minato la par condicio tra candidati? Allora la soluzione da adottare era solo una: annullare i quattro quesiti e stilare una nuova graduatoria attraverso cui decidere quali ricorrenti hanno diritto all'iscrizione in sovrannumero. Lo prescrive la regola della conservazione degli atti giuridici ("utile per inutile non vitiatur"), secondo la quale il vizio di un atto giuridico non si ripercuotere sulle parti dell'atto non coperte dall'invalidità.

Sulla base di queste argomentazioni l'Avvocatura generale dello Stato potrebbe impugnare la sospensiva presso il Consiglio di Stato.

venerdì 17 settembre 2010

Test medicina di Firenze, il 29 settembre l'udienza




Secondo il Miur non si può annullare un test di ammissione solo perchè in alcune delle aule occupate dai candidati c'era una tavola periodica degli elementi.

La vicenda è nota. Il 2 settembre si svolgono i test per l'ammissione a Medicina. A Firenze succede qualcosa di inaspettato: gli studenti si accorgono che in alcune delle aule erano appese le tavole periodiche degli elementi. Scoppia lo scandalo. Articoli sui giornali, accuse, polemiche, rabbia. La protesta divampa sulla rete.

Il sindacato studentesco Udu presenta ricorso al Tar Toscana per annullare la graduatoria. Il tribunale respinge l'istanza di misure cautelare provvisorie (perché "non sussistono profili di estrema gravità e urgenza") e rinvia alla camera di consiglio del 29 settembre.

E' giusto annullare la graduatoria? Noi pensiamo di no.

La tavola periodica non è decisiva per la soluzione dei quesiti di chimica contenuti nel test di quest'anno, allo stesso modo che la tavola pitagorica non è determinante per la soluzione delle operazioni di aritmetica. La tavola periodica era del tutto inunfluente in almeno 8 degli 11 quesiti.

Ora, per ottenere l'annullamento di un atto non basta dimostrare che esso conteneva dei vizi ma bisogna anche dimostrare che senza quei vizi il ricorrente ne avrebbe avuto un'utilità concreta (prova di resistenza). Viceversa, se si ammettesse la possibilità di annullare un atto in presenza del più piccolo difetto - a prescindere da un vantaggio concreto e attuale per il ricorrente - praticamente non sarebbe più possibile emanare alcun provvedimento amministrativo.

La scelta delle aule è stata inopportuna, nessuno lo nega, ma dal nostro punto di vista non è tale da vanificare l'intera procedura.

I ricorrenti che chiedono l'iscrizione in sovrannumero, se vogliono vincere, hanno l'onere di dimostrare che senza le tavole periodiche il punteggio per entrare si sarebbe abbassato a tal punto da consentirne la loro iscrizione, oppure, nel caso in cui si limitino a chiedere la ripetizione dei test, devono dimostrare che la presenza delle tavole ha stravolto l'attendibilità della prova.

Ma entrambe le dimostrazioni sono difficili per lo scarso impatto delle tavole.

Per questo crediamo che sarebbe sbagliato annullare il test. Il numero chiuso andrebbe abolito perchè la legge 264 viola i diritti umani, ma il test di Firenze non va annullato.

L'ultima parola spetta ovviamente al Tar Toscana. Vi terremo informati

sabato 28 agosto 2010

Numero chiuso, ricorsi più difficili col nuovo codice

Tra pochi giorni si svolgeranno i test di accesso all'università ma quest'anno per gli esclusi le cose si complicano. Dal 16 settembre entra in vigore il “codice del processo amministrativo” che detta nuove regole per la presentazione dei ricorsi. E il fenomeno del “forum shopping”, che in passato ha consentito a parecchi studenti di coronare il loro sogno, rischia di finire.

Per “forum shopping” si intende il fatto che il ricorrente sceglie il foro – ossia il tribunale – a cui rivolgersi. Questo permette di presentare il ricorso nella sede che si ritiene più “favorevole”. Non perché alcuni magistrati siano più comprensivi di altri, ma perché tribunali diversi a volte interpretano la stessa norma in maniera differente. Dunque in alcuni casi è possibile vincere a tavolino una causa semplicemente indirizzandola a un tribunale che in passato ha deciso una identica situazione in modo favorevole al ricorrente.

Qualcuno a questo punto storcerà il naso. Che giustizia è quella che permette ai tribunali di interpretare la legge in maniera differente? Sarebbe una conclusione errata. Infatti, premesso che la giustizia non è infallibile perchè è governata da uomini, esistono meccanismi efficaci per limitare questo inconveniente. La giustizia amministrativa italiana ha infatti due gradi di giudizio: Tar e Consiglio di Stato. Quindi le sentenze del Tar possono essere impugnate davanti al Consiglio di Stato, con il risultato che in linea di massima le norme sono interpretate in maniera uniforme. Il giudice di primo grado, inoltre, tende a conformarsi con gli orientamenti del Consiglio di Stato per non farsi riformare le sentenze.

Tuttavia – questo è il vero problema – nel processo amministrativo a volte basta ottenere una misura cautelare (cioè un provvedimento provvisorio concesso al ricorrente in attesa della sentenza) per vincere l'intera causa. E' quello che capita proprio in materia di "numero chiuso". Infatti, per costante giurisprudenza, una volta che uno studente è stato iscritto con misura cautelare è molto difficile espellerlo (l'Università, in seguito ad annullamento della misura cautelare, potrebbe infatti revocare l'immatricolazione ma il ricorrente, presentando un ricorso per motivi aggiunti, probabilmente otterrebbe la sospensione di quell'atto, come già successo in altri casi, tra cui Tar Lazio, sez. IIIbis, ordinanza sospensiva del 20 luglio 2010, n. 3378).

L'anno scorso alcuni avvocati si sono accorti che il Tar Catania era più favorevole per presentare i ricorsi contro il numero chiuso. In pochi mesi hanno presentato decine di ricorsi ottenendo misure cautelari per ricorrenti di tutta Italia. Il tribunale siciliano, pur ritenendosi incompetente per territorio, ha deciso di accogliere le richieste dei ricorrenti al fine di tutelare il loro diritto allo studio, in conformità con la prevalente giurisprudenza del consiglio di Stato.

Gli avvocati sapevano che il tribunale al quale si stavano rivolgendo non era competente e che dunque l'Avvocatura dello Stato, in seguito a uno strumento chiamato “regolamento di competenza”, avrebbe ottenuto il trasferimento dei ricorsi al Tar del Lazio, ma contavano sul fatto che, dopo aver ottenuto l'iscrizione dal Tar Catania, sarebbe stato difficile cacciare i ricorrenti.

A partire dal 16 settembre tutto ciò è praticamente impossibile.

L'art. 15, comma 2, del codice del processo stabilisce infatti che: “Quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza [...] non decide su tale domanda” ma indica al ricorrente il tribunale competente oppure, in caso di dubbio, chiede d'ufficio il regolamento di competenza.

In linea di massima sono d'accordo con questa riforma – il meccanismo del forum shopping creava ingiustizie evidenti – tuttavia mi dispiace che a farne le spese siano tanti ricorrenti che in futuro non avranno più la possibilità di beneficiare dell'orientamento del Tar Catania. Il nuovo codice rafforza invece la competenza del Tar Lazio che finora ha respinto quasi tutti i ricorsi presentati contro i test.

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Per approfondire le novità del codice:
http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/2010_7_Sandulli.pdf

mercoledì 30 giugno 2010

Crocifisso nelle scuole, resoconto dell'udienza

Soltanto il Presidente della Corte, Jean Paul Costa, era a suo agio. La tensione si sentiva nelle voci degli avvocati e degli altri soggetti che sono intervenuti per difendere il Governo italiano.

Nicolò Paoletti e sua figlia Natalia, avvocati della ricorrente, hanno ribadito le tesi già evidenziate in primo grado. Hanno contestato le "accuse" di ateismo mosse alla loro cliente (che invece si definisce laica). La croce, a loro dire, viola il dovere di laicità dello Stato perchè evidenzia un atteggiamento di preferenza verso una religione rispetto alle altre. Citano le sentenze della Corte costituzionale in cui si afferma che l'Italia è uno stato laico. Accusano lo Stato italiano di aver mantenuto in vigore norme fasciste.

Il Governo italiano replica con vigore. Gli agenti del Governo evidenziano che l'esposizione della croce è una scelta democratica e che in ciò non c'è nessun intento di indottrinamento (in Italia - a differenza che in paesi come la Francia o la Svizzera - i docenti possono indossare la croce, la kippah o il velo). Ribadiscono che in questo settore lo Stato ha un ampio margine di discrezionalità. Criticano la ricorrente per la sua concezione "negativa" di libertà.

L'unico intervento veramente interessante, comunque, è stato quello di Joseph Weiler, che pubblicherò tra breve in traduzione. Il docente evidenzia che la croce è usata nelle monete nazionali, negli edifici, nelle bandiere di molti stati europei. Oltre metà della popolazione europea vive in stati non laici,come l'Inghilterra. Spiega che nell'inno inglese viene citato Dio. Dunque non si può affermare che il Regno Unito sia una nazione laica. Il sovrano, in quella nazione, è anche capo della chiesa. Nella bandiera nazionale svetta la croce. Ma nessuno dubita che il Regno unito sia una nazione democratica.

L'Italia dunque ha il diritto (ma non il dovere!) di essere uno Stato laico. Bisogna rispettare gli stati laici ma anche quelli che non vogliono esserlo. Weiler dice, ad esempio, che in America chi vuole essere democratico non deve essere religioso. Ma spiega che questa posizione è diversa da quella europea.

"Laicitè" è la posizione della rivoluzione francese. Ma è in contrasto con altre posizioni politiche altrettanto importanti in Europa. Nelle quali si ribadisce che la religione deve avere posto nei luoghi pubblici. Ciò avviene in Inghilterra come anche in Italia.

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Tirando le somme, mi sembra che il Governo italiano sia uscito più forte da questa udienza. Soprattutto per l'ampio e documentato intervento del prof. Weiler (che durante il suo discorso ha indossato la Kippah).

Mi sembra che la difesa di Weiler sia stata molto incisiva, non solo dal punto di vista contenutistico, ma anche da quello formale. Purtroppo non possiamo dire lo stesso per quella italiana. Noi italiani, si sa, non abbiamo un rapporto felice con le lingue straniere (colpa del nostro sistema d'istruzione). Ma alla Corte europea dovremmo mandare gente che sappia parlare perfettamente le lingua della Corte (inglese e francese). E' un biglietto da visita importante. I rappresentanti dei Paesi dell'est europa - che spesso noi italiani consideriamo ingiustamente Paesi meno evoluti - si esprimono fluidamente nelle lingue ufficiali.

Quì bisogna fare autocritica. Il nostro rappresentante, Nicola Lettieri, in sede di replica, ha risposto alle domande dei giudici con un inglese pieno di strafalcioni e una pronuncia "made in Napoli" che certamente non giovato all'immagine del nostro Paese. Il signor Lettieri sarà certamente un giurista di prim'ordine, ma la sua performance linguistica è stata insufficiente ( gli interessati possono consultare il suo intervento, collegatevi al minuto 01:52:40).

Un suggerimento al Governo italiano: vacanze studio in Inghilterra per i nostri agenti. Naturalmente albergo a 5 stelle.

Crocifisso nelle scuole, oggi si riunisce la Corte europea


La Corte europea dei diritti dell'uomo si riunirà oggi, a partire dalle 9,30, per discutere l'appello del governo italiano contro la sentenza che ha condannato l'Italia per aver esposto il crocifisso nelle scuole statali. Il ricorso del nostro Paese è stato realizzato dal prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico, considerato uno dei massimi esperti italiani in materia di libertà di religione.

Non condivido la sentenza della Corte europea e spero che venga riformata dalla Grand Chamber. Per due motivi.

In primo luogo i giudici di Strasburgo hanno considerato il crocifisso esclusivamente come simbolo religioso, dimenticando il suo significato "tradizionale" e "culturale". La croce, fin dai tempi dell'imperatore Costantino, è stata utilizzata come simbolo delle legioni. Col passare dei decenni è diventata simbolo della romanità. Oggi non è solo il simbolo del cristianesimo, ma in generale dell'Occidente, allo stesso modo per cui la mezzaluna non è solo il simbolo dell'Islam ma anche dell'Oriente (ecco perchè paesi laici come la Turchia utilizzano la mezzaluna nella loro bandiera). A riprova di ciò bisogna considerare che le ambulanze, in Occidente, espongono il simbolo della croce mentre in Oriente quello della mezzaluna. Nessuno oggi può sostenere che tali simboli sono discriminatori.

La Corte, inoltre, ha ritenuto che l'esposizione della croce abbia finalità di indottrinamento perchè era stata introdotta dal fascismo in omaggio della religione cattolica. Ma ormai il fascismo è acqua passata e, nel nuovo quadro costituzionale, l'esposizione della croce non ha più quel significato.

In secondo luogo ho l'impressione che la Corte abbia rinnegato un precedente della Grand Chamber nel quale si prendeva atto del fatto che in Europa esistono approcci diversi sul problema dei simboli religiosi e che uno stato ha ampia discrezionalità in questa materia (si veda il caso Leyla Sahin v. Turkey, in cui la Turchia era stata assolta per aver proibito il velo nelle sue scuole per impedire discriminazioni a danno dei non musulmani).

Ora, mi pare evidente che in Europa esistono almeno due atteggiamenti nei confronti del fenomeno religioso. Da una parte ci sono Paesi "laici in senso stretto" - come la Francia e la Turchia - che ne bandiscono i simboli (in Francia, ad esempio, è proibito indossare amuleti, bracciali, collane o altri accessori che abbiano un significato religioso). Dall'altra abbiamo nazioni, come l'Italia, che potremmo definire invece "pluralisti", in cui vi è un atteggiamento più conciliante nei confronti dei simboli sacri (di tutti i simboli, non solo di quelli appartenenti alla religione maggioritaria). In questi paesi lo studente può entrare in classe con una croce al collo, con la kippah oppure con il velo, senza alcuna discriminazione.

Dunque l'errore della Corte, dal mio punto di vista, è stato quello di aver voluto imporre il modello francese in Italia, e di aver visto nella Croce un simbolo religioso imposto per fini di indottrinamento.

Mi auguro che i 17 giudici della Grand Chamber ribaltino la sentenza, ma non è affatto scontato che ciò avvenga (non dobbiamo dimenticare che in primo grado l'Italia è stata condannata all'unanimità da una camera composta da 7 giudici). Di questo passo dovremo vietare la rappresentazione della natività nelle scuole elementari o rimuovere le croci dalle cattedrali e dai cimiteri. In ogni caso penso che, se la Corte confermerà la sua sentenza, l'Italia dovrà rimuovere i crocifissi oppure arriveranno migliaia di ricorsi e sarà costretta a pagare una cifra esorbitante. Senza considerare il rischio di essere espulsi dal Consiglio d'Europa (organizzazione internazionale composta da 47 Paesi che hanno dato vita alla Convenzione) e dall'Unione europea.

Il link dell'udienza.

mercoledì 9 giugno 2010

"Numero chiuso" farmacie, la Corte di Giustizia: "limiti legittimi solo se giustificati da esigenze di pubblico interesse"

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha emesso una sentenza sul "numero chiuso" delle farmacie spagnole. I giudici, nel caso Perez e Gomez (causa C-570/07), hanno affermato che la normativa spagnola "in linea di massima" non viola la libertà di stabilimento garantita dal diritto comunitario.

Nelle Asturie, in pratica, si può aprire una farmacia solo ogni 2.000 abitanti, a patto che la nuova sede sia posizionata ad almeno 250 metri di distanza dalle altre. La Corte ha affermato che questa normativa è "in linea di massima" legittima, a condizione che non impedisca, nelle zone con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero sufficiente di farmacie.

Saranno ora i giudici spagnoli, alla luce di queste indicazioni, a decidere se la normativa ostacola questo obiettivo e se il signor Perez ha diritto ad aprire la propria sede nelle Asturie.

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Federfarma, federazione dei titolari di farmacia, festeggia la sentenza. A suo dire il sistema italiano per l'assegnazione delle sedi farmaceutiche è in linea con quanto stabilito dalla Corte. Ma ne siamo proprio sicuri?

In Spagna le sedi farmaceutiche vengono assegnate annualmente, con procedura automatica, mentre in Italia passa molto più tempo e la procedura è fortemente discrezionale. Forse troppo. Al punto che c'è il rischio che la pubblica amministrazione possa decidere di limitare l'apertura di nuove farmacie al fine di garantire maggiori introiti alle farmcie operanti nel mercato.

Nel caso Grisoli (C-315/07), relativo alla legge sulle farmacie in Italia, la Corte di Giustizia dovrà rispondere a un quesito simile a quello sottoposto dai giudici spagnoli. Ma stavolta il contesto normativo è differente.

Il Consiglio di Stato, autore del rinvio, ritiene che la normativa italiana, per come è strutturata, sia sproporzionata rispetto all'obiettivo di garantire la diffusione uniforme di farmacie sul territorio. Argomentazioni simili sono state avanzate in un rinvio del Tar campania (caso Rubano, C-60/09).

E' possibile che in questi casi la Corte ribadisca semplicemente quanto affermato per le farmacie spagnole, lasciando poi al giudice italiano di valutare, in concreto, se la legge italiana impedisce l'apertura di un numero sufficiente di farmacie.

Tuttavia la Corte stavolta potrebbe anche spingersi oltre (ce lo auguriamo!) e sancire l'illegittimità per tutte le normative - come quella italiana - che prevedono farraginosi meccanismi per l'adeguamento delle piante organiche, al punto da impedire il tempestivo adeguamento delle sedi al mutare delle condizioni demografiche e morfologiche del territorio.

Ecco la sentenza.

Per comprendere il ragionamento dei giudici è utile leggere le conclusioni dell'avvocato generale.

martedì 1 giugno 2010

Numero chiuso, la Commissione Ue all'Italia: aumentate i posti

Il 1 giugno 2010, alle ore 11,14, il Parlamento europeo ha discusso una petizione inviata dal sottoscritto, Giuseppe Lipari, in cui si sosteneva che il "numero chiuso" a Medicina e Odontoiatria ha effetti anticoncorrenziali e che dunque viola le norme comunitarie in materia di concorrenza.

La Commissione europea, interpellata dal Parlamento, ha risposto di condividere le nostre osservazioni e quelle dell'Antitrust e ha raccomandato all'Italia che il numero dei posti sia ampliato ma, tuttavia, ha ammesso di non avere (purtroppo!) gli strumenti giuridici per intervenire direttamente.

La cosa importante, al di là del risultato, è che in Europa si sia parlato del problema e, soprattutto, che anche la Commissione abbia condiviso il parere dell'antitrust di cui abbiamo parlato tante volte nel nostro blog.

Il Comitato Costruiamo il domani continuerà a vigilare seguendo i numerosi ricorsi presentati al Consiglio di Stato e alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il nostro obiettivo è una modifica delle legge al fine di consentire agli italiani di studiare in Italia senza doversi trasferire in altri paesi europei dove non esiste il "numero chiuso". Gli strumenti per superare la logica del "numero chiuso" ci sono: finora è mancata la volontà di metterli in atto.

Speriamo che la nostra classe dirigente, prima o poi, si decida a intervenire.

- - - Alleghiamo il filmato della seduta. Buona visione - - -

sabato 22 maggio 2010

Il "numero chiuso" a odontoiatria è legittimo

Il "numero chiuso" a odontoiatria è legittimo.

Non viola la Costituzione, nè il diritto comunitario nè tantomeno la Cedu. Lo ha detto il Consiglio di Stato, sez. II, pronunciandosi su un ricorso straordinario presentato da Costruiamo il domani per conto di un igienista dentale palermitano rimasto fuori dai test del 2008 (ne avevamo già accennato in questo post).

Il parere, firmato dal Consigliere di Stato Vittorio Stelo e dal Presidente della sezione Agostino Elefante, è stato depositato il 15 aprile 2010. Aspettavamo con impazienza questa pronuncia: la prima del Consiglio di Stato in cui si sarebbe discusso del parere dell'antitrust - ottenuto da Costruiamo il domani - che evidenziava gli effetti anticoncorrenziali della legge sul "numero chiuso" a odontoiatria.

Speravamo che il parere dell'Authority potesse spingere i giudici di Palazzo Spada a mutare il loro precedente orientamento, favorevole al "numero chiuso", ma le cose sono andate diversamente.

Rispettiamo la decisione del Consiglio di Stato (in un paese democratico bisogna sempre accettare il verdetto dei giudici di ultimo grado) ma pensiamo anche che si è persa un'occasione per mettere fine alla querelle. Il rinvio alla Corte costituzionale o alla Corte di Giustizia dell'unione europea avrebbe consentito di stabilire una volta per tutte se questa legge è costituzionalmente legittima.

Le stesse argomentazioni bocciate dal Consiglio di Stato sono state da noi sottoposte alla Corte eruopea dei diritti dell'uomo in vari ricorsi: l'esito della vicenda, in ultima analisi, dipende quindi dai giudici di Strasburgo.

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Che ne sarà degli altri ricorsi presentati da Costruiamo al Consiglio di Stato? Se i giudici non muteranno orientamento - ed è improbabile che avvenga - saranno respinti con le medesime argomentazioni.

Purtroppo oggi, in Italia, per svolgere certe professioni bisogna accettare di perdere anni della propria vita nel tentativo di superare un test oppure trasferirsi in quei paesi dell'Unione dove non esiste questo diabolico meccanismo.







domenica 2 maggio 2010

Numero chiuso, speranze e delusioni

Il Consiglio di Stato, sezione II, ha recentemente discusso alcuni ricorsi straordinari presentati dalla nostra associazione per conto di alcuni studenti che non hanno superato i test di Medicina e di Odontoiatria.

Il primo di questi ricorsi, relativo ai test del 2008, è stato RESPINTO. Nei prossimi giorni, non appena avremo copia del provvedimento, lo pubblicheremo su internet. Gli altri ricorsi, relativi ai test del 2009, sono invece stati rinviati, tranne uno che è stato deciso con parere definitivo, ma di cui non conosciamo ancora l'esito.

Passiamo ai ricorsi presentati a Strasburgo (ossia alla Corte europea dei diritti dell'uomo). La Corte ci ha scritto una nuova lettera nella quale informa di avere accolto la richiesta di riunire due nostri ricorsi presentati alcuni mesi fa. Dunque l'attesa continua.

Cosa possiamo aspettarci dai giudici europei?

Il diritto all'istruzione, storicamente, è stato sempre considerato un diritto sociale, non un diritto individuale. Questo significa che agli stati viene riconosciuta ampia autonomia nello stabilire chi può beneficiare del diritto e chi no. Salvo, ovviamente, il divieto di non discriminare i cittadini.

La Corte è solita affermare che un ampio margine di apprezzamento deve essere riconosciuto allo Stato in materia di misure economiche e sociali, sotto la presunzione che gli Stati sono nella posizione migliore per apprezzare l'interesse pubblico in tali settori, ma ha aggiunto anche che le scelte del legislatore nazionale possono essere sindacate dalla Corte se manifestamente irragionevoli.

Il numero chiuso è manifestamente irragionevole?

Ad un primo esame non possiamo affermare di sì. Anzi, la Corte europea ha ammesso che l'introduzione di un limite all'accesso universitario, in certi casi, è necessario per assicurare il diritto all'istruzione.

Tuttavia - ed è su questo che si basano i nostri ricorsi - è anche vero che le modalità con le quali è stato attuato concretamente il numero chiuso sono sproporzionate rispetto agli obiettivi che il legislatore ha detto di voler conseguire: se si voleva garantire la qualità formativa dei medici - così come afferma la legge - si poteva trovare un altro mezzo meno invasivo. Si potevano adottare altre soluzioni. Nei ricorsi ne abbiamo individuate un paio.

Se invece il vero scopo del numero chiuso è quello di evitare che il mercato sia saturato da un numero "eccessivo" di medici e odontoiatri - come sostenuto dal consiglio di Stato in alcune sentenze - allora si deve concludere che la legge è incostituzionale per violazione delle norme in tema di libertà d'iniziativa economica.

venerdì 12 marzo 2010

Numero chiuso a Odontoiatria, la Corte europea scrive al comitato

La Corte europea dei diritti dell'uomo ci comunica l'apertura di un fascicolo relativo al "numero chiuso" nei corsi di Odontoiatria. Nel ricorso chiediamo l'iscrizione in sovrannumero di alcuni igienisti dentali e odontoiatri rimasti esclusi dai test del 2009.

Questo è il secondo ricorso del 2009. Il primo (ricorso individuale per Medicina) è stato già iscritto a ruolo. Adesso aspettiamo solo la lettera di ricezione del terzo (ricorso collettivo relativo a Odontoiatria e a Medicina).

Nei prossimi mesi, se la Corte non rigetta il ricorso, lo comunicherà allo Stato italiano per consentirgli di fare le sue osservazioni. Infine la Corte emetterà una sentenza. Per conoscere l'esito del ricorso potrebbero volerci molti mesi.

In ogni caso non meno di 2 anni (fermo restando che la modifica della legge sul numero chiuso potrebbe anche venire prima di quella data, nell'ipotesi in cui il Consiglio di Stato italiano accogliesse altri ricorsi simili presentati dal nostro comitato nel 2009 e nel 2010).

Tutti questi ricorsi serviranno a qualcosa?

Mi auguro di sì. Forse un ricorso non è una "condizione sufficiente" per abolire il numero chiuso, ma di certo è "condizione necessaria". Intendo dire che il Parlamento non si è mai preoccupato seriamente del problema "numero chiuso". Esistono alcuni disegni di legge di riforma, è vero, ma a quanto pare in questo momento non sono una priorità delle camere.

Quindi dubito che la legge sul numero chiuso possa essere modificata dal legislatore senza nessun "input" dall'esterno.

martedì 9 marzo 2010

Lista Polverini, sentenze Tar e appello Cds

Il Tar Lazio ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata dalla lista Pdl per due ragioni. Il tribunale amministrativo ha ritenuto inapplicabile il decreto legge del Governo perchè la materia elettorale è competenza esclusiva del Lazio e perchè "non è dimostrabile che i due rappresentanti del Pdl, alle ore 12 di sabato 27 febbraio, fossero presenti nel tribunale con tutta la documentazione necessaria".

La strada per il Pdl ora si complica.

Se il partito di Governo vuole ottenere una sospensiva, infatti, dovrà convincere il Consiglio di Stato che il decreto legge è applicabile nel Lazio e, soprattutto, che i delegati di lista erano presenti in tribunale con tutta la documentazone necessaria...

Proprio quest'ultima dimostrazione è particolarmente difficile.

Infatti sembra che il fascicolo presentato dai presentatori della lista fosse effettivamente privo di alcuni documenti. La notizia è stata resa nota oggi dal Tribunale di Roma (che, per la cronoca, ha respinto nuovamente la lista che il Pdl aveva ri-presentato grazie a una norma ad hoc del decreto legge).

Il faldone dei presentatori di lista, sigillato dai carabinieri il giorno delle contestazioni, è stato aperto alla presenza dei funzionari del Tribunale ed è risultato sprovvisto di alcuni documenti. Ogni commento è superfluo.

lunedì 8 marzo 2010

Lista Polverini, Tar respinge sospensiva

(ANSA) - ROMA, 8 MAR - Il Tar del Lazio ha respinto la richiesta con cui il Pdl contestava la decisione della Corte d'Appello di escludere la lista di Roma. Per i giudici amministrativi il dl 'salva liste' non 'puo' trovare applicazione perche' la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando le competenze date dalla Costituzione'. 'A seguito dell'esercizio della potesta' legislativa regionale la potesta' statale non puo' trovare applicazione nel presente giudizio', concludono.

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La normativa regionale a cui il Tar fa riferimento è la legge della regionale n. 2 del 2005.

Essa, a sua volta, rinvia alla legge n. 108 del 1968 (elezioni regionali), apportandovi alcune modifiche marginali. I giudici ritengono che il decreto legge, modificando la legge n. 108, abbia invaso la competenza della Regione, in quanto la Regione con la legge n. 2 del 2005 si è dotata di una propria legge elettorale e ciò precluderebbe l'intervento legislativo dello Stato...

Questa spiegazione mi lascia perplesso.

Faccio notare, in primo luogo, che l'assemblea regionale laziale con la propria legge elettorale ha effettuato un "rinvio dinamico". Infatti, se il legislatore regionale avesse voluto dettare una normativa autonoma, non avrebbe certo rinviato alla legge del 1968, ma ne avrebbe riprodotto al proprio interno il contenuto adattandolo alle proprie esigenze, mettendosi dunque al riparo da future modifiche.

In secondo luogo, la legge del 1968 regola anche i poteri della Corti di Appello e degli apparati statali incaricati di presiedere il contenzioso elettorale: tutte queste norme, così come quelle relative ai termini per la presentazione delle liste, non possono rientrare nella potesta delle regioni perchè riguardano la "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili", materia riservata allo Stato dall'art. 117 della Costituzione!

Tra pochi giorni il Consiglio di Stato dirà la sua. La soluzione migliore, dal mio punto di vista, resta quella di concedere la sospensiva alla lista e di rimettere la vicenda alla Corte costituzionale per un esame più approfondito.

ore 22.33

Lista Polverini, oggi la decisione del Tar

Chissà se oggi il Tar lazio riammetterà la lista del Pdl esclusa dalla provincia di Roma. Il decreto legge del Governo è abbastanza chiaro: quella lista va riammessa. Ma il decreto a molti è sembrato incostituzionale. Che faranno dunque i giudici? Di certo non possono disapplicarlo: una legge, per quanto discutibile possa sembrare, deve essere applicata fino a quando non è dichiarata incostituzionale. Ma non c'è tempo per aspettare la pronuncia della Corte costituzionale...

La scelta migliore, da questo punto di vista, potrebbe essere quella di ammettere la lista, con sospensiva, e contestualmente sospendere il processo e rinviare il decreto alla Corte costituzionale...

Capite bene che la situazione è tremendamente complessa. Se il decreto legge venisse dichiarato incostituzionale dopo le elezioni, infatti, il Tar dovrebbe pronunciare la decadenza degli eletti del Pdl nella circoscrizione di Roma...

Un macello!

ultimo aggiornamento:
8 marzo 2010,
ore 15.52

sabato 6 marzo 2010

Decreto "salva liste": non sarà incostituzionale?


Mi dispiace che le liste di Formigoni in Lombardia e della Polverini nel Lazio siano state escluse dalla competizione: molti elettori verranno privati del diritto di voto. Mi sarebbe dispiaciuto, allo stesso modo, se a restare fuori era la lista del Pd. Il ragionamento che voglio fare, quindi, non è animato da uno spirito "partigiano", ma poggia su basi giuridiche: sulla Costituzione, sulle leggi dello Stato e sulle sentenze del Consiglio di Stato...

Ritengo che l'esclusione delle liste sia da imputare esclusivamente ai responsabili locali del Pdl (i presentatori di lista), non a fattori esterni, e dunque non mi sembra giuridicamente corretto che il Governo sia intervenuto legislativamente con un decreto legge sana-liste. Temo che tale intervento sia incostituzionale e che le elezioni saranno annullate dal Tar, magari dopo dopo una pronuncia della Corte costituzionale che attesta l'illegittimità del decreto legge.

Analizziamo la situazione dal punto di vista giuridico.

1. I termini per presentare le lista sono perentori, anzi, granitici.
2. Tardare la presentazione di soli 5 minuti vuol dire restare fuori dalla competizione (in questo senso le numerose sentenze del Consiglio di Stato). La legge in esame è ragionevole perchè prevede un termine minimo e un termine massimo per depositare le liste: un partito che decide di presentare la lista all'ultimo minuto, come fatto dal Pdl, lo fa a suo rischio e pericolo.
3. Qualcuno, tuttavia, replica che senza il Pdl la competizione sarà falsata. Sono obiezioni infondate perchè, anche senza il Pdl, gli elettori potranno comunque scegliere tra altri candidati (quattro nel Lazio e sei in Lombardia). Non sta scritto da nessuna parte che un partito, solo per il fatto che è il più numeroso, deve beneficiare di un trattamento di favore rispetto agli altri. la legge è uguale per tutti. Per queste ragioni ritengo che sia irragionevole voler riammettere le liste. L'intervento del Governo, a mio parere, si profila incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza stabilito dall'art. 3 della Costituzione.
4. Nel merito, comunque, il Governo ha scelto un modo pericoloso di intervenire. Il Consiglio dei ministri ha emanato infatti un decreto legge di "interpretazione autentica" che modifica retroattivamente la norma affermando che la presenza di un individuo nel tribunale vale come prova della presentazione delle liste ed affermando, dulcis in fundo, che gli eventuali ricorsi al Tar contro l'ammissione dela lista potranno essere presentati solo dopo le elezioni e non prima.
5. Il provvedimento puzza di incostituzionalità. In primo luogo, affinché un decerto legge venga emanato, servono situazioni eccezionali di "necessità e urgenza". Lo prevede la Costituzione. In questo caso tuttavia manca certamente la necessità, perchè anche senza il Pdl le elezioni potrebbero svolgersi correttamente per la presenza di altri candidati...
6. Ma, ammesso che il decreto sia "necessario", certamente esso non è conforme all'art. 15, comma 2, della legge n. 400 del 1988, ai sensi del quale il Governo non può emanare decreti legge "nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma, della Costituzione" (cioè in materia di elezioni).
8. Qualcuno obietta che il decreto, in effetti, interpreta, non modifica la legge! osservazione ingegnosa ma palesemente infondata. Un mutamento radicale dell'interpretazione, come quello prospettato dal Governo, equivale in ogni caso a una modifica della legge. In pratica si è attribuito alla legge, surrettiziamente, un significato totalmente assente dalle singole disposizioni...

Non era questa la strada da seguire. Il Pdl avrebbe dovuto ammettere i suoi errori di fronte all'opinione pubblica e chiedere all'opposizione di rinviare le elezioni di 2 settimane. Questo avrebbe permesso di ripresentare le liste. L'opposizione, di certo, non avrebbe potuto opporsi a una simile richiesta. In caso contrario, infatti, avrebbe dato a tutti l'idea di voler "vincere a tavolino" e una simile pubblicità, in tempo di elezioni, si paga a caro prezzo, di modo che la vittoria nelle due regioni sarebbe stata accompagnata probabilmente dalla sconfitta nelle altre undici...

Ricordate come lo spagnolo Zapatero ha vinto le lezioni, vero?

mercoledì 3 marzo 2010

Sentenza crocifisso, sì al riesame


Il panel di 5 giudici si è pronunciato. La sentenza della Corte europea sul crocifisso nelle scuole sarà riesaminata dalla Grande Camera di 17 giudici.

I giornali italiani e la Cei gridano vittoria, ma non considerano che il rinvio, di fronte a una questione di diritto tanto importante, era praticamente un atto dovuto. Secondo il regolmento della Corte, infatti, il rinvio alla Grande Camera deve essere concesso quando il caso è controverso o quando riguarda importanti questioni di diritto.

Il rinvio alla Grande Camera, dunque, non significa affatto che la sentenza verrà riformata. La pronuncia di condanna, anzi, ha ricevuto in primo grado l'unanimità e dunque riuscire a ribaltarla non sarà affatto semplice...

Quindi sbagliano quei politici che, in modo superficiale, hanno affermato che il provvedimento della Corte implica la validità delle ragioni del nostro Paese...

La Corte ha solo dichiarato ammissibile il ricorso. Il bello deve ancora venire.

Per convincere i giudici che il nostro Paese non ha violato i diritti umani ci vorrà uno sforzo enorme. Lo Stato, in caso di conferma, sarà costretto a eseguire la sentenza e a rimuovere tutti i crocifissi dalle scuole. Ed è chiaro che non potrà sottrarsi. Pena l'isolamento internazionale.

Se l'italia non condivide la giurisprudenza di Strasburgo ha una soluzione facile. Denunciare il trattato internazionale che la istituisce e titarsi fuori dal Consiglio d'Europa. Saremmo l'unico stato d'Europa ad aver fatto ciò e certamente metteremmo a repentaglio la nostra permanenza nell'Unione europea.

Non condivido la decisione della Corte europea, per motivi strettamente giuridici, tuttavia la rispetto. Ma almeno prima di esprimere la mia opinione a riguardo ho letto la sentenza (in francese). A differenza di alcuni politici ed opinionisti italiani che, a giudicare dalle loro affermazioni, non hanno fatto altrettanto.

Il ragionamento della Corte, in linea di massima, è impeccabile. L'unico difetto è che non prende adeguatamente in considerazione la situazione italiana e che, proprio per questo, rischia di essere iniqua nei confronti del nostro Paese.

domenica 28 febbraio 2010

Pdl escluso dalla provincia di Roma propone ricorso. Ma in realtà la lista ormai è spacciata.

E' noto che la lista del Pdl è stata esclusa dalla circoscrizione di Roma perché presentata in ritardo (alle 12.45 invece che alle 12.00) e che il partito, dopo il rigetto del primo ricorso, ha annunciato che si rivolgerà alla commissione elettorale regionale.

Quante possibilità ci sono che la lista venga riammessa? Una su 10.000. Il Pdl farebbe bene a lasciare perdere le polemiche e a concentrarsi sulla campagna elettorale.

Vi spiegahiamo subito il perchè.

In uno “stato di diritto” vige il principio della separazione dei poteri. Il parlamento e consigli regionali votano le leggi (potere legislativo), il Governo e le regioni amministrano (potere esecutivo) e la magistratura decide le controversie (potere giurisdizionale). Il Capo dello Stato è una figura super partes che non può ingerirsi nelle decisioni dei tre poteri senza violare la Costituzione.

Ogni appello al Capo dello Stato, quindi, è del tutto inutile perché egli non può (e anzi non deve) condizionare le decisioni della magistratura. Ecco perchè il Pdl sbaglia a rivolgersi a Napolitano. E sbaglia anche ad insistere nella via dei ricorsi.

E' risaputo, infatti, che per presentare una lista elettorale occorre depositare una serie di documenti entro un termine stabilito dalla legge a pena di esclusione. A qualcuno, forse, potrà sembrare uno norma stupida, ma in realtà non affatto così. Il rispetto del termine è indispensabile per consentire il controllo della documentazione e la stampa delle schede elettorali.

Se si consentisse a un partito di consegnare le liste in ritardo, infatti, bisognerebbe concedere questa facoltà anche a tutti gli altri, vanificando in questo modo il termine stesso...

Ora, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, giudice di ultima istanza in materia elettorale, è chiarissima nell'indicare che la lista presentata in ritardo non può essere ammessa. L'unica eccezione riguarda il caso che il presentatore della lista si trovi già dentro il tribunale, con tutta la documentazione richiesta, e che il suo ritardo dipenda da valide ragioni (Cds, sez. V, n. 1271/2002 ma si veda, per una sentenza più recente, Cga, sez. giur., n. 839/2008). Circostanza che in questo caso non si è verificata, perché i due soggetti incaricati di presentare la documentazione, allle 12, non si trovavano né nell'ufficio elettorale né nel tribunale e, tra l'altro, hanno ammesso di aver tardato per colpa di un panino (sic!).

E siccome la magistratura, nonostante quello che si sente dire in giro, è un organismo serio, la controversie odierna sarà risolta applicando la regola di diritto enunciata sopra e dunque escludendo la lista.

Il ricorso presentato dal Pdl sarà quindi respinto. E così pure l'eventuale ricorso al Tar e l'eventuale appello al Consiglio di Stato.

Dispiace che alcuni esponenti del centro destra (il sindaco Gianni Alemanno, la candidata Pdl Renata Polverini e l'onorevole Francesco Storace) insistano nel chiedere la riammissione della lista, tra l'altro rivolgendosi impropriamente al Capo dello Stato, invece che prendersela coi presentatori. Dai nostri amministratori pretenderemmo una migliore conoscenza del diritto amministrativo.

Una delle poche eccezioni è il ministro Gianfranco Rotondi, politico non a caso laureato in Giurisprudenza, che invece di reclamare la riammissione della lista, richiesta che non può essere accolta per i motivi indicati sopra, si è scagliato contro i responsabili del ritardo: “I maestri del PdL hanno fatto perdere la Polverini a tavolino. Io ne ho piene le tasche di fare il parente povero in questa banda di incapaci. Nemmeno la campagna elettorale mi induce a misericordia”.

Dispiace che la lista della polverini sia stata esclusa. Tutti i partiti hanno diritto di partecipare alle lezioni ma la legge è uguale per tutti e non si possono fare eccezioni per nessuno. Nenanche se ad essere scluso è stato il maggior partito del Lazio.

Il messaggero e Repubblica hanno dedicato ampio spazio all'argomento.


http://roma.repubblica.it/dettaglio/pdl-senza-lista-in-provincia-di-roma-la-corte-dappello-ha-respinto-listanza/1872910

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=92987&sez=ELEZIONI2010

venerdì 12 febbraio 2010

Numero chiuso, spedito l'ultimo ricorso

Breve comunicazione di servizio sui ricorsi presentati alla Corte europea dei diritti dell'uomo contro il "numero chiuso" a Medicina e Odontoiatria.

Il Comitato ha appena spedito anche il terzo (e ultimo) ricorso relativo ai test di ammissione del 2009. Si tratta di un ricorso collettivo presentato a nome di studenti esclusi da medicina e da odontoiatria.

Questo ricorso si aggiunge a un ricorso individuale e a un ricorso collettivo presentati alcuni mesi fa limitatamente a odontoiatria.

Sto postando quì perché abbiamo inviato un'email ai ricorrenti ma alcuni messaggi sono tornati indietro. Se qualche ricorrente non ha ricevuto il messaggio è pregato di mettersi in contatto con noi e, soprattutto, di fornire una casella di posta elettronica funzionante.

martedì 26 gennaio 2010

Numero chiuso, tra breve la decisione del Consiglio di Stato


Facciamo il punto della situazione sui ricorsi di "Costruiamo il domani" presentati al Consiglio di Stato contro il numero chiuso a Medicina e Odontoiatria. In tutti questi mesi abbiamo lavorato intensamente. Adesso dobbiamo solo attendere la decisione dei giudici.

A inizio gennaio il Consiglio di Stato si è riunito per decidere due nostri ricorsi contro i test del 2008 di Medicina (ricorrenti S. A., per Odontoiatria, e C. B., per Medicina). Il Miur, ovviamente, si è opposto all'accoglimento di entrambi ricorsi. Secondo loro il numero chiuso è inevitabile. I giudici amministrativi, in passato, hanno presa per buona questa tesi, citando la sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 1998 sul numero chiuso. Tuttavia in questi ultimi mesi alcuni i giudici di primo grado hanno mostrato maggiore sensibilità per la logicità del numero chiuso e delle modalità di determinazione dei posti (mi riferisco ai provvedimenti cautelari del Tar Catania). E' anche vero, comunque, che altri giudici (Tar Lazio) continuano ancora oggi a sostenere la tesi dell'insindacabilità del numero chiuso. L'esito dei due ricorsi ci sarà comunicato nei prossimi mesi.

A metà marzo, intanto, i giudici si pronunceranno anche su una richiesta di sospensiva proposta da una nostra assistita di Palermo, E. N., contro i test di Medicina del 2009. La sospensiva ci permetterà di avere un'idea sulle intenzioni del Consiglio di Stato. La sospensiva è un provvedimento cautelare (cioè provvisorio) che non pregiudica la decisione finale del ricorso. Viene emessa dal giudice in attesa della sentenza, per impedire che il trascorrere del tempo possa pregiudicare il ricorrente.

Un giudice può sospendere un provvedimento e poi, studiata meglio la vicenda, rigettare il ricorso. Ma può anche accadere il contrario (la sospensiva potrebbe essere negata, magari per mancanza di urgenza, e il ricorso accolto). Tuttavia le parole e le motivazioni della sospensiva, di solito, permettono di intravedere anche l'opinione del giudice.

Spesso, infatti, i giudici non si limitano a dichiarare genericamente la mancanza dei requisiti previsti dalla legge per il rilascio della sospensiva, ma specificano che la sospensiva non può essere concessa perchè manca l'urgenza o perchè il ricorso si appalesa infondato (o oppure perchè, al tempo stesso, il ricorso difetta di entrambi i requisiti).

E' ovvio che se la sospensiva venisse respinta per mancanza di urgenza potremmo sperare ancora in un accoglimento nel merito, mentre, se venisse respinto per mancanza di fondatezza, dovremmo aspettarci il respingimento nel merito, visto che è improbabile che un giudice, nell'arco di pochi mesi, cambi parere sulle questioni giuridiche sollevate in un ricorso.

Vi terremo informati sugli sviluppi della vicenda.

Nella foto, Palazzo Spada, a Roma, sede del Consiglio di Stato.