venerdì 4 febbraio 2011

Ultime notizie dal fronte legale



E' passato molto tempo dal mio ultimo post e mi sembra utile fare il punto della situazione sulla vicenda "numero chiuso". Anche nel 2010 i test di ammissione sono stati al centro di mille polemiche per le solite irregolarità.

In tutta Italia sono state presentate decine di ricorsi.

La maggior parte di questi ricorsi - presentati da studenti esclusi dai test di Firenze e Messina - riguardavano essenzialmente vicende locali. A Firenze, ad esempio, gli apiranti medici hanno svolto i test in aule che esponeva la tavola periodica degli elementi. Peccato che alcuni degli 80 quesiti del test riguardavano proprio la chimica e che l'esposizione delle tavole ha creato una discriminazione tra studenti che si trovavano in un'aula con la tavola e studenti che si trovavano in un'aula dove la tavola mancava. Il Tar ha parzialmente accolto il ricorso, ammettendo una parte dei ricorrenti, ossia quelli rimasti fuori per avere sbagliato quei 4 quesiti di chimica che, secondo i giudici, avrebbero potuto essere risolti più facilmente grazie alla tavola.




A Messina, invece, la situazione è più complessa. L'operato dell'Università è stato contestato con alcuni ricorsi presentati al Tar Catania. Per quale motivo? In primo luogo l'Università si è rifiutata di assegnare alcuni posti riservati agli extracomunitari ma rimasti vacanti... per mancanza di extracomunitari. Inoltre, terminata la prova, la commissione concorsuale ha richiamato i candidati in ordine alfabetico per la riconsegna dei compiti: una grave violazione delle norme in materia di segretezza delle prove concorsuali. L'Università di Messina - questo deve fare riflettere - aveva commesso lo stesso errore nel 2006 ed era per questo stata condannata dal Tar Catania con una sentenza che aveva ammesso in sovrannumero una studentessa classificatasi multi punti al di sotto dell'ultimo degli ammessi (Tar Sicilia, Catania, sez. III, n. 1528 del 2008). Bisognerà a questo punto vedere se i giudici siciliani confermeranno il loro precedente del 2008 oppure se cambieranno orientamento.

Anche il Tar Abruzzo in questi giorni ha fatto parlare di sè. Parecchi iscritti ai corsi di Medicina stranieri (prevalentemente Romania) hanno ottenuto il trasferimento all'Università dell'Aquila grazie ad alcune sentenze in cui i giudici hanno affermato che il test di ammissione vale solo per chi intende iscriversi al primo anno, non per chi è iscritto nelle facoltà straniere in anni successivi al primo e chiede un trasferimento in Italia. Il principio è interessante ma si tratta di una sentenza di primo grado: il Consiglio di Stato potrebbe riformarla. In ogni caso gli studenti ammessi grazie a queste sentenze difficilmente verranno cacciati. Quindi per loro si tratta comunque di una vittoria importante.

Complessivamente sembra che, a parte alcune vittorie locali, il sistema "numero chiuso" goda di buona salute. Anche il Consiglio di Stato ha affrontato la questione. Per la verità in maniera abbastanza categorica: i giudici hanno ribadito la validità del "numero chiuso" escludendo che esso possa essere contrario al diritto comunitario o alla costituzione. La sezione II ha affrontato il tema in alcuni ricorsi straordinari presentati da Costruiamo il domani.

Leggiamo uno dei loro pareri:

"La normativa comunitaria richiamata - spiega il Consiglio di Stato nel parere n. 5131/2010 depositato il 23 novembre 2010 - intende porre agli Stati membri obiettivi effettuali che, se conseguiti, risultino idonei a garantire adeguati profili di preparazione teorico pratica nei processi di formazione di tutte le professioni per le quali è sancita la libertà di stabilimento e il riconoscimento della equipollenza delle abilitazioni professionali. In un certo senso, l’adeguatezza degli standard formativi e professionali è la precondizione per realizzare una effettiva parità di posizioni e libertà nel mercato e del mercato. La normativa comunitaria tuttavia non impone un strumentazione specifica per conseguire questi obiettivi; si tratta allora di valutare se la tecnica scelta dal legislatore italiano (quella del numero chiuso o programmato in modo rigido) sia idonea a conseguire questi risultati effettuali o sia incoerente ( e quindi non ragionevole) rispetto alle finalità poste dalla normativa comunitaria. In questa stessa ottica di sistema va collocata la questione relativa all’asserita incostituzionalità del criterio del fabbisogno professionale. In linea generale è opportuno sottolineare che le potenzialità formative in campo sanitario non sono funzione delle richieste del mercato ma, in primo luogo, delle esigenze di copertura dei fabbisogni del sistema sanitario nazionale, articolato su base regionale, fabbisogni che rendono esigibile un livello essenziale di cittadinanza di esclusiva competenza statale (art. 177, comma 2, lett. m). Naturalmente la formazione nei singoli Stati membri deve comunque essere idonea a conseguire standard di preparazione adeguati. In questa ottica, la scelta di uno Stato membro di utilizzare lo schema del numero chiuso, superabile attraverso prove selettive organizzate su base di imparzialità e trasparenza, resiste ad un controllo di ragionevolezza e proporzionalità, anche se possono immaginarsi schemi e tecniche diverse. Al riguardo, va osservato che il parallelismo con l’esercizio della professione di farmacista non è del tutto coerente, in quanto in questo settore appare prevalente il profilo commerciale. In ogni caso, la questione è già stata posta e valutata (e respinta) nei suoi profili di costituzionalità (cfr. Sent. n. 338 del 1998 della Corte Cost.) e appare manifestamente inutile riproporla nuovamente".


Il ragionamento del giudice merita il massimo rispetto tuttavia io non penso affatto che la legge n. 264/99 rispetti i dettami della sentenza n. 383 del 1998 (non "338 del 1998" come erroneamente indicato dal Consiglio di Stato), perchè quella pronuncia si limitava a stabilire un principio generale (possibilità di limitare l'accesso universitario, tramite "numero chiuso", per motivi organizzativi) mentre la legge 264 lo ha implementato. Il legislatore, nell'attuazione dei (giusti) principi sanciti dalla Corte costituzionale, si è però lasciata prendere la mano. Ha introdotto un meccanismo sproporzionato volto più a tutelare la rendita di posizione dei professionisti che l'interesse della società.

Non dovrebbe essere il Miur ha stabilire quanti medici servo in Italia, ma il mercato, anche perchè un medico italiano ha il diritto di trasferirsi in altri Paesi europei.

* * *

Quanto resisterà ancora il "numero chiuso"? Impossibile dirlo.

La legge 264/99 è una pessima legge perchè consente al Miur di contingentare le immatricolazioni tanto negli atenei pubblici che in quelli privati. Qualunque università - dimostrando di avere le attrezzatura necessarie - dovrebbe invece essere messa nelle condizioni di aumentare l'offerta formativa senza interferenze ministeriali. Ma, per quento discutibile, è pur sempre una legge dello Stato.

Bisognerebbe modificarla. Ma la politica di sicuro non muoverà un dito, perchè sono più forti gli interessi di chi già esercita la professione che di tutti gli altri (studenti e consumatori). Tar e Consiglio di Stato, inoltre, hanno già detto la loro sulla legittimità del "numero chiuso". Difficilmente cambieranno idea, almeno nell'immediato.

Penso per cambiare il sistema ci vorrebbe una nuova sentenza della Corte costituzionale, o della Corte di Giustizia dell'Unione europea, o della Corte europea dei diritti dell'uomo. Corte costituzionale e Corte di Giustizia, comunque, non possono pronunciarsi se non a seguito di un rinvio del giudice amministrativo (il quale, come visto, ritiene il rinvio superfluo perchè considera la legge legittima).

Resta la Corte europea dei diritti dell'uomo. Che infatti è stata già sommersa da centinaia di ricorsi. Anche Costruiamo il domani ha presentato i suoi. Gli studenti lamentano la violazione del diritto all'istruzione. Prima di ottenere una sentenza potrebbero passare anni: la Corte esamina per primi i ricorsi relativi alle violazioni più gravi (torture, detenzioni illegittime, diritto alla salute) e poi tutti gli altri. Il diritto all'istruzione è meno urgente rispetto agli altri diritti della Convenzione, nessuno lo nega. Di conseguenze è facile immaginare che questi ricorsi finiranno in fondo agli elenchi.

Tra l'altro i ricorsi potrebbero benisimo essere respinti. Tra gli addetti ai lavori c'è un certo scetticismo. E' stato detto che l'accesso universitario è materia di competenza esclusiva degli Stati e che la Corte europea non può sindacare la validità di un metodo di selezione piuttosto che un altro. Convincere la Corte ad accogliere i ricorsi non sarà semplice. In caso di accoglimento, comunque, il Governo italiano sarebbe costretto a rivedere la legge e a liberalizzare gli accessi.