mercoledì 30 giugno 2010

Crocifisso nelle scuole, oggi si riunisce la Corte europea


La Corte europea dei diritti dell'uomo si riunirà oggi, a partire dalle 9,30, per discutere l'appello del governo italiano contro la sentenza che ha condannato l'Italia per aver esposto il crocifisso nelle scuole statali. Il ricorso del nostro Paese è stato realizzato dal prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico, considerato uno dei massimi esperti italiani in materia di libertà di religione.

Non condivido la sentenza della Corte europea e spero che venga riformata dalla Grand Chamber. Per due motivi.

In primo luogo i giudici di Strasburgo hanno considerato il crocifisso esclusivamente come simbolo religioso, dimenticando il suo significato "tradizionale" e "culturale". La croce, fin dai tempi dell'imperatore Costantino, è stata utilizzata come simbolo delle legioni. Col passare dei decenni è diventata simbolo della romanità. Oggi non è solo il simbolo del cristianesimo, ma in generale dell'Occidente, allo stesso modo per cui la mezzaluna non è solo il simbolo dell'Islam ma anche dell'Oriente (ecco perchè paesi laici come la Turchia utilizzano la mezzaluna nella loro bandiera). A riprova di ciò bisogna considerare che le ambulanze, in Occidente, espongono il simbolo della croce mentre in Oriente quello della mezzaluna. Nessuno oggi può sostenere che tali simboli sono discriminatori.

La Corte, inoltre, ha ritenuto che l'esposizione della croce abbia finalità di indottrinamento perchè era stata introdotta dal fascismo in omaggio della religione cattolica. Ma ormai il fascismo è acqua passata e, nel nuovo quadro costituzionale, l'esposizione della croce non ha più quel significato.

In secondo luogo ho l'impressione che la Corte abbia rinnegato un precedente della Grand Chamber nel quale si prendeva atto del fatto che in Europa esistono approcci diversi sul problema dei simboli religiosi e che uno stato ha ampia discrezionalità in questa materia (si veda il caso Leyla Sahin v. Turkey, in cui la Turchia era stata assolta per aver proibito il velo nelle sue scuole per impedire discriminazioni a danno dei non musulmani).

Ora, mi pare evidente che in Europa esistono almeno due atteggiamenti nei confronti del fenomeno religioso. Da una parte ci sono Paesi "laici in senso stretto" - come la Francia e la Turchia - che ne bandiscono i simboli (in Francia, ad esempio, è proibito indossare amuleti, bracciali, collane o altri accessori che abbiano un significato religioso). Dall'altra abbiamo nazioni, come l'Italia, che potremmo definire invece "pluralisti", in cui vi è un atteggiamento più conciliante nei confronti dei simboli sacri (di tutti i simboli, non solo di quelli appartenenti alla religione maggioritaria). In questi paesi lo studente può entrare in classe con una croce al collo, con la kippah oppure con il velo, senza alcuna discriminazione.

Dunque l'errore della Corte, dal mio punto di vista, è stato quello di aver voluto imporre il modello francese in Italia, e di aver visto nella Croce un simbolo religioso imposto per fini di indottrinamento.

Mi auguro che i 17 giudici della Grand Chamber ribaltino la sentenza, ma non è affatto scontato che ciò avvenga (non dobbiamo dimenticare che in primo grado l'Italia è stata condannata all'unanimità da una camera composta da 7 giudici). Di questo passo dovremo vietare la rappresentazione della natività nelle scuole elementari o rimuovere le croci dalle cattedrali e dai cimiteri. In ogni caso penso che, se la Corte confermerà la sua sentenza, l'Italia dovrà rimuovere i crocifissi oppure arriveranno migliaia di ricorsi e sarà costretta a pagare una cifra esorbitante. Senza considerare il rischio di essere espulsi dal Consiglio d'Europa (organizzazione internazionale composta da 47 Paesi che hanno dato vita alla Convenzione) e dall'Unione europea.

Il link dell'udienza.

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"Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa, non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, è più probabile che un'opinione diffusa sia cretina anziché sensata". Bertrand Russell.