mercoledì 30 giugno 2010

Crocifisso nelle scuole, resoconto dell'udienza

Soltanto il Presidente della Corte, Jean Paul Costa, era a suo agio. La tensione si sentiva nelle voci degli avvocati e degli altri soggetti che sono intervenuti per difendere il Governo italiano.

Nicolò Paoletti e sua figlia Natalia, avvocati della ricorrente, hanno ribadito le tesi già evidenziate in primo grado. Hanno contestato le "accuse" di ateismo mosse alla loro cliente (che invece si definisce laica). La croce, a loro dire, viola il dovere di laicità dello Stato perchè evidenzia un atteggiamento di preferenza verso una religione rispetto alle altre. Citano le sentenze della Corte costituzionale in cui si afferma che l'Italia è uno stato laico. Accusano lo Stato italiano di aver mantenuto in vigore norme fasciste.

Il Governo italiano replica con vigore. Gli agenti del Governo evidenziano che l'esposizione della croce è una scelta democratica e che in ciò non c'è nessun intento di indottrinamento (in Italia - a differenza che in paesi come la Francia o la Svizzera - i docenti possono indossare la croce, la kippah o il velo). Ribadiscono che in questo settore lo Stato ha un ampio margine di discrezionalità. Criticano la ricorrente per la sua concezione "negativa" di libertà.

L'unico intervento veramente interessante, comunque, è stato quello di Joseph Weiler, che pubblicherò tra breve in traduzione. Il docente evidenzia che la croce è usata nelle monete nazionali, negli edifici, nelle bandiere di molti stati europei. Oltre metà della popolazione europea vive in stati non laici,come l'Inghilterra. Spiega che nell'inno inglese viene citato Dio. Dunque non si può affermare che il Regno Unito sia una nazione laica. Il sovrano, in quella nazione, è anche capo della chiesa. Nella bandiera nazionale svetta la croce. Ma nessuno dubita che il Regno unito sia una nazione democratica.

L'Italia dunque ha il diritto (ma non il dovere!) di essere uno Stato laico. Bisogna rispettare gli stati laici ma anche quelli che non vogliono esserlo. Weiler dice, ad esempio, che in America chi vuole essere democratico non deve essere religioso. Ma spiega che questa posizione è diversa da quella europea.

"Laicitè" è la posizione della rivoluzione francese. Ma è in contrasto con altre posizioni politiche altrettanto importanti in Europa. Nelle quali si ribadisce che la religione deve avere posto nei luoghi pubblici. Ciò avviene in Inghilterra come anche in Italia.

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Tirando le somme, mi sembra che il Governo italiano sia uscito più forte da questa udienza. Soprattutto per l'ampio e documentato intervento del prof. Weiler (che durante il suo discorso ha indossato la Kippah).

Mi sembra che la difesa di Weiler sia stata molto incisiva, non solo dal punto di vista contenutistico, ma anche da quello formale. Purtroppo non possiamo dire lo stesso per quella italiana. Noi italiani, si sa, non abbiamo un rapporto felice con le lingue straniere (colpa del nostro sistema d'istruzione). Ma alla Corte europea dovremmo mandare gente che sappia parlare perfettamente le lingua della Corte (inglese e francese). E' un biglietto da visita importante. I rappresentanti dei Paesi dell'est europa - che spesso noi italiani consideriamo ingiustamente Paesi meno evoluti - si esprimono fluidamente nelle lingue ufficiali.

Quì bisogna fare autocritica. Il nostro rappresentante, Nicola Lettieri, in sede di replica, ha risposto alle domande dei giudici con un inglese pieno di strafalcioni e una pronuncia "made in Napoli" che certamente non giovato all'immagine del nostro Paese. Il signor Lettieri sarà certamente un giurista di prim'ordine, ma la sua performance linguistica è stata insufficiente ( gli interessati possono consultare il suo intervento, collegatevi al minuto 01:52:40).

Un suggerimento al Governo italiano: vacanze studio in Inghilterra per i nostri agenti. Naturalmente albergo a 5 stelle.

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"Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa, non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, è più probabile che un'opinione diffusa sia cretina anziché sensata". Bertrand Russell.