giovedì 31 maggio 2012

La legge sul prezzo dei libri viola il diritto comunitario. "Costruiamo il domani” scrive alla Commissione


La legge italiana sul prezzo dei libri discrimina Amazon e le altre imprese europee che operano nel settore. “Costruiamo il domani” ha inviato una segnalazione alla Commissione europea in cui chiede di avviare un'indagine per stabilire se la normativa contrasta col diritto comunitario.

La “legge Levi” (n. 128 del 2011) vieta gli sconti superiori al 15% del prezzo di copertina e impone pesanti limitazioni alle promozioni (divieto di effettuarle nel mesi di dicembre, durata massima di un mese, sconto massimo del 25%, facoltà dei rivenditori di non aderire...). E' stata approvata all'unanimità, un evento straordinario che evidenzia la bravura dei lobbisti. Tutti i partiti hanno votato a favore della legge, compresi Lega e Italia dei Valori.

La legge Levi, a nostro avviso, è una legge iniqua perché irrigidisce il settore sostenendo che una “eccessiva” concorrenza potrebbe danneggiare il mercato. Le Camere hanno approvato una norma che avvantaggia i pochi (le piccole librerie indipendenti) per danneggiare i molti (ossia i consumatori). E' a causa di leggi come questa che l'Italia cresce meno delle altre nazioni. Provvedimenti del genere sono un regalo alle imprese meno competitive a un danno per quelle più dinamiche. Livellano il mercato. Bloccano l'innovazione. Impediscono agli editori di sperimentare nuove strategia commerciali. Ma perché non lasciare che siano i consumatori a scegliere il modello di business vincente?

Non intendiamo convincere della dannosità della legge Levi, c'è parecchia gente su internet pronta a giurare il contrario, con argomentazioni più o meno discutibili ma basate invariabilmente sul punto di vista degli operatori, non dei consumatori. Non siamo contrari al fatto che un editore possa imporre ai rivenditori il prezzo minimo di vendita. Simili restrizioni, se frutto di un libero accordo tra le parti, possono avere effetti positivi. Il fratto è che in questo caso le limitazioni vengono praticamente imposte ex lege nei confronti di tutti gli operatori. Anche di quelli che ne avrebbero volentieri fatto a meno: inaccettabile.

I parlamentari hanno giustificato il provvedimento con la necessità di limitare lo “strapotere” di Amazon e della grande distribuzione. Lo hanno affermato nei lavori parlamentari e ribadito ai giornalisti, tanto che la norma è stata ben presto soprannominata “legge anti Amazon”. Queste incaute dichiarazioni basterebbero da sole a concludere che la legge è contraria al diritto comunitario, dal momento che Amazon e le grandi catene di distribuzione che operano nel settore dei libri hanno sede legale in altre nazioni europee e che dunque godono della protezione del Trattato.

Tuttavia, se ciò non bastasse, esistono alcune sentenze della Corte di Giustizia in base alle quali le leggi che limitano gli sconti sono state dichiarate illegittime se avevno come effetto quello di impedire alle imprese di un Paese membro di attuare una politica dei prezzi aggressiva con cui penetrare su un nuovo mercato. Amazon, al momento dell'entrata in vigore della legge Levi, aveva aperto da pochi mesi la succursale italiana e utilizzava sconti superiori 25% per attirare nuovi clienti. Ci stava riuscendo. L'approvazione della legge Levi ha impedito questa strategia: Amazon ha dovuto rinunciare agli sconti e il suo vantaggio competitivo si è ridotto. Ma i veri sconfitti sono i lettori italiani che hanno perso l'occasione di fare acquisti a buon mercato.

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