La legge italiana sul prezzo dei libri discrimina Amazon e le altre imprese europee che operano nel settore. “Costruiamo il domani” ha
inviato una segnalazione alla Commissione europea in cui chiede di avviare un'indagine per stabilire se la
normativa contrasta col diritto comunitario.
La “legge Levi” (n. 128 del 2011) vieta gli sconti
superiori al 15% del prezzo di copertina e impone pesanti limitazioni
alle promozioni (divieto di effettuarle nel mesi di dicembre, durata
massima di un mese, sconto massimo del 25%, facoltà dei rivenditori
di non aderire...). E' stata approvata all'unanimità, un evento
straordinario che evidenzia la bravura dei lobbisti.
Tutti i partiti hanno votato a favore della legge, compresi Lega e Italia dei Valori.
La legge Levi, a nostro
avviso, è una legge iniqua perché irrigidisce il settore sostenendo che una “eccessiva” concorrenza
potrebbe danneggiare il mercato. Le Camere hanno approvato una norma
che avvantaggia i pochi (le piccole librerie indipendenti) per
danneggiare i molti (ossia i consumatori). E' a causa di leggi come
questa che l'Italia cresce meno delle altre nazioni. Provvedimenti
del genere sono un regalo alle imprese meno competitive a un danno
per quelle più dinamiche. Livellano il mercato. Bloccano l'innovazione. Impediscono agli
editori di sperimentare nuove strategia commerciali. Ma perché non
lasciare che siano i consumatori a scegliere il modello di business
vincente?
Non intendiamo convincere
della dannosità della legge Levi, c'è parecchia gente su internet pronta a giurare il contrario, con argomentazioni più o meno
discutibili ma basate invariabilmente sul punto di vista degli operatori, non dei consumatori.
Non siamo contrari al fatto che un editore possa imporre ai
rivenditori il prezzo minimo di vendita. Simili restrizioni, se frutto di un libero accordo tra le parti, possono avere effetti positivi. Il fratto è che in questo caso le limitazioni vengono
praticamente imposte ex lege nei confronti di tutti gli
operatori. Anche di quelli che ne avrebbero volentieri fatto a meno: inaccettabile.
I parlamentari hanno giustificato il
provvedimento con la necessità di limitare lo “strapotere” di
Amazon e della grande distribuzione. Lo hanno affermato nei lavori
parlamentari e ribadito ai giornalisti, tanto che la norma è stata
ben presto soprannominata “legge anti Amazon”. Queste incaute
dichiarazioni basterebbero da sole a concludere che la legge è
contraria al diritto comunitario, dal momento che Amazon e le grandi
catene di distribuzione che operano nel settore dei libri hanno sede
legale in altre nazioni europee e che dunque godono della protezione del Trattato.
Tuttavia, se ciò non
bastasse, esistono alcune sentenze della Corte di Giustizia in base
alle quali le leggi che limitano gli sconti sono state dichiarate illegittime se
avevno come effetto quello di impedire alle imprese di un Paese membro di attuare una politica dei prezzi aggressiva con cui penetrare su un nuovo
mercato. Amazon, al momento dell'entrata in
vigore della legge Levi, aveva aperto da pochi mesi la succursale
italiana e utilizzava sconti superiori 25% per
attirare nuovi clienti. Ci stava riuscendo. L'approvazione della
legge Levi ha impedito questa strategia: Amazon ha dovuto rinunciare
agli sconti e il suo vantaggio competitivo si è ridotto. Ma i veri sconfitti sono i lettori italiani che hanno perso l'occasione di fare acquisti a buon mercato.
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"Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa, non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, è più probabile che un'opinione diffusa sia cretina anziché sensata". Bertrand Russell.