domenica 4 maggio 2008

Redditi 2005: giusto metterli sul web

E' facile prevedere come andrà a finire il braccio di ferro tra l'Agenzia delle Entrate e l'associazione Codacons. Alla fine vincerà l'erario: la scelta di pubblicare l'elenco dei contribuenti sul web è perfettamente lecita perchè gli elenchi sono pubblici. Le inchieste penali saranno quindi archiviate.

E' inutile rivolgersi alla magistratura:

1) innanzi tutto gli elenchi delle dichiarazioni dei redditi 2005 sono pubblici ai sensi dell’articolo 69 del Dpr 600 del 1973 e dell’articolo 66 bis del Dpr 633 del 1972. L'Agenzia ha il dovere di farli conoscere ai cittadini e quindi non era tenuta a informarne gli interessati. Infatti il consenso non deve essere chiesto quando il trattamento dei dati "è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge" (art. 24, comma 1, lettera A del d.lgs 196 del 2003)

2) in secondo luogo per dimostrare la sussistenza del reato di violazione della privacy (art. 167 del d.lgs 196 del 2003) sarebbe necessario provare che i dirigenti dell'Agenzia delle Entrate hanno agito "al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno". Ed è invece chiaro che chi ha messo i dati sul web ha agito in buona fede. La buona fede nel diritto penale si presume fino a prova contraria. Sarebbe compito del Pm convincere i giudici che i dirigenti dell'Agenzia hanno agito con la volontà specifica di trarne profitto o di danneggiare i contribuenti. Solo un dirigente masochista avrebbe dato via libera al provvedimento sapendo le polemiche scaturite: è chiaro che chi ha agito era in buona fede e quindi deve essere assolto.

Quello che lascia perplessi è l'atteggiamento del Codacons. L'associazione ha presentato una denuncia a 104 procure dando un enorme carico di lavoro ai Pm. Bastava rivolgersi alla sola Procura di Roma, l'unica competente. Coinvolgere le altre 103 è stato un atto inutile. Perchè farlo? Per apparire sui giornali? Per farsi belli agli occhi dei cittadini? Per sommergere di cartacce le Procure e costringerle ad aprire fascicoli inutili che verranno poi richiusi visto che solo il tribunale di Roma è competetente? Poi ci lamentiamo dei tempi biblici della giustizia...

In ogni caso presto si pronunceranno il Garante della privacy e il Gip di Roma. Spero che alla fine vinca il diritto: i dati devono essere rimessi sul sito dell'Agenzia e le indagini archiviate. E non dite che in questo modo la mafia sarà avvantaggiata nell'imporre il pizzo. Non ne hanno bisogno perchè usano già altri sistemi basati sul numero dei dipendenti e delle vetrine del negozio taglieggiato.

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LE RAGIONI DEL CONTENDERE. Gli elenchi delle dichiarazioni dei redditi 2005 sono stati resi pubblici ai sensi delle due norme citate sopra. In base a tali disposizioni le dichiarazioni devono essere liberamente consultabili. Il Codacons ne contesta però la pubblicazione sul sito dell'Agenzia affermando che le due norme sarebbero state implicitamente abrogate dalla legge 241 del 1990 ("legge sul procedimento amministrativo") nella parte in cui prevede che l'accesso ai documenti amministrativi sia subordinato alla presentazione di un'apposita richiesta.

La tesi del Codacons è chiaramente infondata. Tanto per cominciare se il legislatore avesse voluto abrogare queste due disposizioni di legge lo avrebbe fatto esplicitamente. In secondo luogo la legge 241 non può essere applicata alle dichiarazioni dei redditi. Questi documenti sono "pubblici" per legge e cesserebbero per ciò stesso di essere tali se la loro visione fosse subordinata a una richiesta di accesso.

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"Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa, non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, è più probabile che un'opinione diffusa sia cretina anziché sensata". Bertrand Russell.